GLI ALTRI MALATI DA SOLI
Alla sofferenza degli ammalati, condannati magari ad affrontare terapie od operazioni ad alto rischio senza il conforto dei cari, si aggiunge la sofferenza degli anziani ricoverati nelle residenze sanitarie assistite, per cui ormai dal marzo di due anni fa è sempre più difficile ricevere visite. La preoccupazione di ridurre i rischi di contagio ha indotto le case di riposo prima a chiudere ermeticamente i cancelli delle strutture, poi a sopperire alle visite con videochiamate, in seguito ad autorizzare colloqui attraverso un divisorio in plexiglas simile a quelli utilizzati nelle carceri, infine, ma non ovunque, a istituire «stanze degli abbracci» in cui permettere un simulacro di contatto fra congiunti e ricoverati. In molti casi i titolari delle case di cura hanno applicato in maniera restrittiva la stessa normativa regionale, condizionati in parte dalla preoccupazione di prevenire i contagi, in parte dalla carenza di operatori. E l’aggravarsi dei contagi ha indotto negli ultimi giorni a ulteriori limitazioni, è di ieri la notizia che la Rsa Canpansi di Siena ha sospeso gli incontri nella «stanza degli abbracci» ma non sarà l’unica.
Limitazioni di questo genere prostrano i ricoverati degli ospedali come delle Rsa: non tutti i degenti comprendono i motivi per cui i familiari non li visitano e si sentono abbandonati. Ma sono fonte di rimorsi ancor più lancinanti per i loro stessi parenti. La logica dell’emergenza poteva giustificarle due anni fa; oggi, al netto degli innegabili rischi, sono una sconfitta per un sistema sanitario toscano allo stremo per colpe non (tutte) sue. Certo per molti le emergenze sono altre, a partire dalla ripresa delle lezioni. Può essere comprensibile: i giovani sono il nostro futuro. Ma un futuro privo di rispetto nei confronti di chi rappresenta il passato, merita di essere desiderato?