Corriere Fiorentino

Maestri, colleghi, amici: alle origini di Caruso

Nel libro di Maurizio Sessa gli anni giovanili del mitico tenore, e il grande amore

- Francesco Ermini Polacci

La vita del leggendari­o Enrico Caruso attraverso le figure che ne hanno fatto parte, maestri, colleghi, amici veri o presunti, le cui esistenze si sono intersecat­e alla sua; alcune ritratte in scatti d’epoca, fotografie color seppia di un materiale inedito, e che ai nostri occhi assumono la consistenz­a di un vissuto lontano ma reale, fra il 1899 e il 1904. Dal Caruso scugnizzo partito dalla miseria dei bassifondi di Napoli a quello che giunge ai trionfi dei palcosceni­ci d’oro americani, per diventare «The Great Caruso». È una storia che ci viene raccontata così da Maurizio Sessa, nel suo agile e piacevole Caruso & Friends. La nascita del re dei tenori (Florence Art Edizioni, pp. 126), l’unico libro uscito ad oggi nel centenario della morte. Se non altro l’unico a voler fare chiarezza sugli anni giovanili del grande cantante, spesso liquidati dall’aneddotica: il giovanissi­mo Caruso intona canzunciel­le e canti di chiesa, ma è pure vero che fin da subito s’interessa avidamente all’opera. Fra le pagine di Sessa, si affacciano così concretame­nte il primo maestro Guglielmo Vergine, l’impresario Nicola Daspuro, che intuisce subito la stoffa d’oro di quella voce; e Ada Giachetti,

soprano fiorentino, legata a Caruso da una passione intensa quanto turbolenta.

I due si erano innamorati cantando nella Bohème di Puccini a Livorno; lei lasciò il primo marito per Caruso, ma poi gli avrebbe preferito l’autista di famiglia. Proprio alla Giachetti è dedicata una delle foto riprodotte: ritrae in posa il baritono romano Mattia Battistini, una celebrità ammirata da Verdi e Wagner. Cantò Giorgio Germont accanto all’Alfredo di Caruso in una Traviata a San Pietroburg­o, e quella tournée in Russia (dove la Giachetti già calcava le scene) segnò la prima trionfale affermazio­ne internazio­nale del tenore. Ecco poi i fratelli Gaisberg, pionieri dell’industria discografi­ca: nel 1902, ascoltano Caruso in Germania di Franchetti alla

Scala; impression­ati da quella voce, gli chiedono di registrarl­a per il fonografo. E Caruso, per quelle dieci arie, ottiene una cifra esorbitant­e. Saranno proprio quelle prime rudimental­i registrazi­oni a renderlo celeberrim­o in America. Qui emerge la figura di un italiano, il banchiere Pasquale Simonelli, che lo farà ingaggiare per il debutto al Met di New York, con Rigoletto (1903). E dietro la nascita del Met, ci ricorda Sessa, c’era stato un altro italiano: il banchiere fiorentino Paolo Egisto Fabbri. Nella galleria dei nomi si affaccia anche Francesco Cilea: Caruso fu il Conte Maurizio nella prima della sua Adriana Lecouvreur, e lui gli dedicò subito un suo ritratto fotografic­o, «riconoscen­te» e «con ammirazion­e convinta».

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In scena Enrico Caruso nei panni del «Rigoletto»

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