Rossi: non basta puntare sugli amministratori, la via presa è sbagliata
Non risparmia nulla a nessuno Enrico Rossi. L’ex governatore promette che parteciperà al dibattito sul nuovo Pd, ma la strada imboccata è per lui «quella sbagliata: mi meraviglia soprattutto la mancanza assoluta d’autocritica da parte dei dirigenti», dice.
E lei l’autocritica l’ha fatta?
«Certamente. Ho detto ad esempio che è stato un errore, per me, uscire dal Pd: ho fatto un’analisi e l’ho resa pubblica».
Le è andata male anche la sfida alle ultime elezioni politiche.
«Partivamo da una situazione di svantaggio. Ho capito che avrei perso quando un compagno mi ha mostrato come FdI fosse disposta in sezioni, come il vecchio Pci. L’organizzazione è uno dei punti dolenti del Pd: qui individuiamo la classe dirigente sui giornali, anche a livello locale».
Chi è, oggi, il nemico della sinistra?
«Direi se stessa. C’è un recentissimo rapporto del Censis da cui emerge un Paese insofferente verso le disuguaglianze, impaurito e tendenzialmente pacifista: sarebbe un ottimo terreno se la sinistra lo sapesse coltivare».
Coltivare come?
«Con un riferimento sociale deciso: partire dai lavoratori e dal ceto medio; tutelando chi è emarginato; dando una speranza, un’utopia socialista e ambientalista: che è possibile cambiare il mondo in profondità. La destra è stata capace di dare una visione, anche se con altri precetti».
Il Pd è alla prova della costituente, però prima arrivano i candidati alla segreteria.
«È come voler costruire una casa dal tetto. Non si riuscirà, in questo modo, a dare quel segno di apertura a tante persone. Ci voleva un segretario di transizione, la presenza di Letta ha fatto rimanere tutto fermo. Non me ne vogliano i dirigenti, ma sono sempre gli stessi che si giocano gli stessi ruoli. Si parte da accordi di vertice, pranzi, telefonate, presentazioni di libri…».
Mi meraviglia l’assoluta mancanza di autocritica da parte dei dirigenti Si vuole rifondare il Pd ma si parte dai candidati al vertice: è come voler costruire una casa dal tetto Sono sempre gli stessi che si giocano gli stessi ruoli
Dario Nardella e Stefano Bonaccini hanno presentato il loro ticket. Sono gli amministratori a poter dare le risposte migliori per ripartire?
«No. L’ho visto anche sulla mia testa: quando ho smesso la gestione amministrativa ho avuto la possibilità di approfondire, di avere una visione. Se Nardella e Bonaccini pensano che si possa vincer con la téchne (nel pensiero greco perizia professionale, padronanza delle regole di un mestiere, ndr) amministrativa, si sbagliano. Bisogna tornare a una distinzione tra chi svolge il ruolo politico e quello amministrativo. Questa degli amministratori è un’idea che già usarono Matteo Renzi e i renziani strumentalmente».
Nardella ha detto che nel Pd non ci sono renziani senza Renzi.
«Io sono post-comunista senza il Pci, loro post-renziani senza Renzi. La differenza è che Renzi è vivo e lotta insieme a noi, anche efficacemente per quanto riesce a condizionare, come vediamo ogni giorno, la politica di questa regione. Non rende merito loro rinnegare Renzi».
Voterà alle primarie?
«Parteciperò, vedrò. Sono amareggiato. Valuterò senza risparmiare nulla, le reticenze in questa fase sono dannose».