Chiude un’altra bottega in centro «Non c’è più spazio per la qualità»
Borgo Santissimi Apostoli, le proprietarie del Gatto Bianco lasciano dopo 42 anni
«È una chiusura a malincuore, dopo 42 anni. Ma siamo deluse». Giada Romani e la madre Carla Tettucci, titolari della bottega di gioielli Gatto Bianco, il 31 dicembre chiuderanno il negozio che Carla e il marito Walter Romani (scomparso nel 2017) hanno inaugurato negli anni ‘80, in Borgo Santissimi Apostoli, prendendo ispirazione per il nome da una ceramica decò acquistata al mercatino delle pulci, che raffigura appunto un gatto bianco (e da allora è sempre stata in vetrina).
La prima bottega era a pochi metri da quella attuale, che si trova al 12 rosso, entrambi con spazio esposizione e vendita e un laboratorio nel retro: qui la famiglia per quasi mezzo secolo ha ideato e creato gioielli, spesso pezzi unici che uniscono materiali particolari a pietre preziose, tecniche tradizionali e stile
contemporaneo. Allora quando la signora Carla arrivava in Borgo Santissimi Apostoli il pomeriggio per aprire l’atelier «c’era la fila fuori» raccontano. Certo, «gli anni ‘80 e ‘90 erano anni di fervore, la gente spendeva senza preoccupazioni» ma nel frattempo anche Firenze è cambiata: loro quella di adesso non la riconoscono più. «Il centro si è complementare svuotato di negozi belli e particolari, che c’erano fino a pochi anni fa ed è un vero peccato, è una perdita per tutti. Ora ci sono le stesse marche di altre città: prima i turisti venivano a Firenze anche più volte perché trovavano prodotti e creazioni di artigiani che non c’erano altrove, ora la città è snaturata» dice Giada. «Il turismo è tornato ma dopo il Covid è al ribasso. Va bene il turismo ma cerchiamo di qualificarlo: se togli un commercio di qualità
i turisti penseranno che la città è fatta solo di panini: vengono, mangiano, comprano una magliettina, guardano in fretta un museo, vanno via e non ci tornano più».
A questo si aggiungono la pandemia, i pochi aiuti ricevuti per contrastare le chiusure, ostacoli burocratici. «Con la pandemia abbiamo perso il nostro collaboratore perché non poteva più stare alle chiusure e aperture e ha deciso di andare in fabbrica. Siamo stati chiusi come tutti i negozi per lunghi periodi ma essendo artigiani con laboratorio siamo stati esclusi dai contributi: ma noi non creiamo per terzi, noi vendiamo quello che produciamo, quindi le chiusure imposte ci hanno colpito duramente» spiega Giada. Carla dopo tanti anni in bottega va in pensione, Giada per tenere aperta l’attività avrebbe bisogno di
un aiuto. «Servirebbe una persona esperta, qualificata, ma non se ne trovano». Così non è rimasta che la scelta di chiudere, «col cuore in mano».
Da quando hanno messo un piccolo cartello in vetrina, senza troppi clamori, come è nel loro stile, è un via vai di persone che vogliono salutare, fare gli ultimi acquisti, «rifarsi gli occhi con un po’ di bellezza anche senza comprare». L’idea di Giada è di aprire un laboratorio in casa, per i clienti affezionati, e mantenere in vita le collezioni Gatto Bianco. Ma rimane l’amarezza per la chiusura di una bottega storica. «L’amministrazione potrebbe creare nel centro storico uno spazio visibile e bello per gli artigiani, una sorta di coworking per loro», suggerisce.
Artigiane dei gioielli «Il colpo finale dopo la pandemia, non troviamo personale qualificato per aiutarci»