Zolla, la Toscana nel cuore
Lo scrittore e filosofo torinese e il suo rapporto speciale con la nostra terra: fu a Firenze che collaborò con numerosi quotidiani e scelse Montepulciano per vivere gli ultimi anni della sua vita
La relazione che Elémire Zolla intrattenne con la Toscana è stata assai lunga, complessa, stratificata. Le sue acutissime note su Pinocchio, ad esempio, che furono scritte nel corso del tempo, identificavano nella bella bambina dai capelli turchini una antica dea, Iside, comparsa quasi per un prodigio letterario in una campagna povera e disgraziata, segnata dalla fame e dal bisogno dell’emigrazione verso le lontane Americhe.
Non basta: a Firenze scrive spesso sui quotidiani nel corso degli anni 60, quando si mette in luce come uno tra i maggiori saggisti di tutto il panorama nazionale, soprattutto in relazione al drastico Eclissi dell’intellettuale, uscito da Bompiani nel 1956 e da quel momento più volte ristampato. Discute di temi di attualità culturale, ad esempio della relazione tra L’opera e l’autore, nel momento in cui il mass marketing mette in discussione radicalmente la figura dello scrittore. Dalla città sull’Arno, tra l’altro veniva anche Cristina Campo, con cui aveva incrociato il suo destino a Roma: e non a caso fu lui a promuovere la pubblicazione del suo mirabile Il flauto e il tappeto nel 1971. Amicizie e percorsi si incrociavano con alcune figure di intellettuali della città: nel 1969 La Nuova Italia, particolarmente legata a territori di ricerca culturale, gli affida la direzione di Conoscenza religiosa, una rivista di studi tradizionali che allora fece epoca e in cui scrivevano autori importanti da tutto il mondo. L’esperienza, che proseguì fino al 1983, e che è poi stata antologizzata da Grazia Marchianò, studiosa di culture orientali e consorte dello scrittore, in un volume che è stato edito da Edizioni di Storia e Letteratura, era estremamente innovativa nelle proposte di percorsi poco frequentati allora da noi. Gli autori erano figure come il tedesco Marius Schneider, di cui Zolla sostenne fortemente la pubblicazione del capitale Pietre che cantano, una ricognizione sul nesso tra le pietre delle cattedrali e le musiche che attraversarono il loro spazio. Oppure come Guido Ceronetti, Pietro Citati, Quirino Principe, ma anche Djuna Barnes ed Eugenio Montale. Insomma un panopticon delle fedi e delle culture del mondo, intrecciate a punti di vista estremamente personali e spesso anche in controtendenza rispetto a quanto accadeva nel frattempo nel mercato culturale del tempo.
Dal 1991, una volta che fu arrivato al termine della sua articolata carriera di insegnante, scelse di vivere a Montepulciano, dove poi sarebbe morto nel 2002. Dal 2015 la sua dimora fa parte del circuito «Case della Memoria», istituzione che coordina i luoghi dove hanno abitato scrittori e artisti in Italia, valorizzandone le storie, le memorie e le eredità. Nel 2006 sempre Grazia Marchianò pubblicò la biografia Il conoscitore di segreti, che venne edita da Rizzoli e per cui ottenne anche il Premio Fiesole in quello stesso anno. Nel febbraio 2012 si è tenuto un ampio convegno dedicato a «Passione di verità nel pensiero di Elémire Zolla», i cui atti sono poi stati pubblicati da Polistampa.
Da poco la casa editrice Cliquot, particolarmente specializzata in recuperi della narrativa del Novecento, ha mandato in libreria, con una prefazione che porta la firma di Grazia Marchianò — e a distanza di venti anni da una precedente uscita da Aragno — il primo romanzo di Zolla, Minuetto all’inferno, da lui scritto tra il 1951 e il 1952 in un momento in cui era afflitto da un’acuta malattia polmonare e quando sembrava che fosse a rischio la sua stessa esistenza. L’opera uscì da Einaudi nei Gettoni nel 1956, dopo esser stata vittima di un notevole e lungo travaglio editoriale, avendo contro tra l’altro il parere autorevole di Elio Vittorini. Eppure da subito colpì l’attenzione dei lettori per il racconto di una Torino magica e pervasa da una vocazione all’autodistruzione. L’opera, che venne segnalata con un Premio Strega opera prima, sostenuto da Maria Bellonci, narrava le avventure metafisiche di Lotario (personaggio che manifesta non pochi tratti autobiografici), che fin dai tre anni viene a conoscenza di cose segrete che da solo esplora gironzolando su e giù per la sua città.
Il percorso narrativo di Zolla è meno noto della sua più frequentata produzione saggistica: oltre a questo titolo centrale, annovera anche Cecilia o la disattenzione, uscito nel 1961 per le edizioni Garzanti. Dopo la suggestione del racconto l’intellettuale si spostò alle ricerche nel campo delle religioni del mondo, delle culture segrete e dei doppi fondi del reale.