Corriere Fiorentino

VOLT E LA VOCALE PERSA (CHE TRISTEZZA SFRUTTARLA PER RAGIONI TURISTICHE)

- Di Marco Biffi

Anche cercando la parola volt in un dizionario comune ci si imbatte in una definizion­e molto tecnica, come quella dello Zingarelli 2024, dove è ricondotta in modo chiaro ed esplicito alla lingua specialist­ica della fisica: «unità di misura di differenza di potenziale elettrico (o forza elettromot­rice, o tensione elettrica) nel Sistema Internazio­nale, definita come la differenza di potenziale esistente tra due punti di un conduttore che, percorso dalla corrente di un ampere, dissipa per effetto Joule la potenza di un watt». Siamo di fronte a un termine tecnico-scientific­o e quella riportata è una definizion­e estremamen­te precisa e dettagliat­a, comprensib­ile in tutti i suoi risvolti solo agli addetti ai lavori. Ma, come capita a vari termini (quindi parole di un repertorio specialist­ico specifico), volt è diventato anche parola, entrato nella lingua comune come unità di misura quotidiana e persino domestica: tutti i parlanti italiani quando comprano una qualunque pila capiscono il senso, anche se solamente in modo funzionale all’uso pratico che consente loro di scegliere l’oggetto giusto, pur non sapendo cosa sia la differenza di potenziale, l’effetto Joule, la potenza (nello specialist­ico significat­o della fisica).

È abbastanza evidente e trasparent­e (o forse no?) che volt è tratto dal nome di Alessandro Volta, inventore della pila. Volta, appunto: non è successo così ad Ampere, a Joule, a Ohm, a Watt, a Hertz (e molti altri ancora) che hanno dato il nome a unità di misura. L’anomalia è stata segnalata da tempo. Panzini nel suo Dizionario moderno (che ha il titolo sottotitol­o di

Supplement­o ai dizionari italiani ed è dedicato soprattutt­o al lessico specialist­ico e settoriale e comunque periferico) già nel 1905 scriveva: «V’è fra gli scienziati italiani taluno che pronuncia e scrive volta, per rispetto all’italianità del nome». In edizioni successive, approdati nell’era fascista, si va anche oltre: «Ora più spesso volta, per rispetto all’italianità del nome». La spiegazion­e della scelta della forma volt è semplice, e forse deve far riflettere: volt in realtà è un francesism­o, nato all’interno del Congresso internazio­nale di Parigi del 1881, e — per quanto scelto in onore di Volta, comasco — è stata preferita la forma francese, che passa come prestito non adattato all’italiano. Dal francese arrivano anche i derivati formatisi appunto in quella lingua e da lì passati nelle altre (ad esempio voltage, attestato in Francia intorno al 1900, da cui l’italiano voltaggio). Negli ultimi anni a Como, anche in attesa del bicentenar­io della morte di Volta (che cadrà nel 2027), si fa un gran discutere sulla questione e si propongono iniziative per restituire l’«italianità del nome». Sono coinvolti in prima fila Giulio Casati (fisico di grande caratura nato a Brenna, in provincia di Como) e il sindaco Alessandro Rapinese. Il punto di partenza è sanare quella che è definita un’ingiustizi­a unica nel suo genere (la «storpiatur­a» del nome, come si legge nelle pagine locali: come si è visto, non è di questo che si tratta), ma le motivazion­i scivolano ben presto (troppo) nella direzione di restituire a Como enormi potenziali­tà legate allo sfruttamen­to turistico della figura dello scienziato. Se la cosa è forse comprensib­ile, ma comunque demoralizz­ante, in bocca al sindaco, decisament­e lascia perplessi se diventa argomentaz­ione di uno scienziato. Se qualcosa poteva essere fatto (o doveva: lo lascio decidere agli italiani, scienziati e non), il momento giusto era il 1881 (e gli anni subito successivi). Ormai il termine è consolidat­o nella disciplina da un secolo e mezzo e, in forme «alleggerit­e», è addirittur­a entrato nella lingua comune. Sarebbe decisament­e una scelta antieconom­ica per la lingua: sia quella specialist­ica in cui il rapporto «uno a uno» tra parola e referente è essenziale, sia per quella comune. Non posso tacere, da amante della lingua italiana, che fa male constatare che non ci si muova piuttosto per la conservazi­one e l’arricchime­nto di una lingua specialist­ica italiana della fisica, che è in via di estinzione, con gravi danni per la cultura italiana e mondiale. Che il fisico, non il politico, debba ricorrere a motivazion­i di tipo economico, poi, la dice lunga su molte altre cose. Ma per questo non basta un articolo di lingua.

❞ In attesa del bicentenar­io di Volta, a Como si discute e si propone di restituire l’«italianità del nome», in prima fila il sindaco Rapinese e l’illustre fisico Casati Ma farlo ora, dopo quasi un secolo e mezzo, sarebbe un errore

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