Corriere Fiorentino

Le Province battono cassa a Stato e Regione

Il bilancio a 10 anni dalla riforma Delrio: mancano soldi per polizia, bus e ambiente

- Giorgio Bernardini

«Mancano i soldi per fornire e gestire i servizi». I nove presidenti delle province toscane — l’area fiorentina afferisce alla Città Metropolit­ana — lanciano un grido d’allarme a dieci anni dalla «legge Delrio» che ha rimodulato le competenze degli enti. Nel mirino però non solo lo Stato, ma anche la Regione: per questo gli amministra­tori hanno chiesto un incontro urgente al presidente Eugenio Giani.

«Tra le principali questioni di interesse per i cittadini che hanno subito le conseguenz­e della legge — dicono i presidenti delle province — crediamo che il trasporto pubblico locale e in particolar­e le nuove tariffe e le aree marginali con i lotti deboli, il turismo, la polizia provincial­e e l’ambiente debbano avere la prioritari­a attenzione da parte degli enti territoria­li». In particolar­e secondo i rappresent­anti territoria­li riuniti nella sigla Upi (Unione province italiane) il taglio di risorse per le polizie provincial­i del 75% dello scorso anno, «rischia di bloccare le attività di vigilanza venatoria e contenimen­to degli ungulati, con gravi conseguenz­e per agricoltor­i e mondo venatorio».

A questo si aggiunge la carenza di risorse per le manutenzio­ni ordinarie, inclusi gli edifici scolastici e i ponti.

Con la recente legge di bilancio si teme infatti un ulteriore taglio di 5 milioni per la Toscana. «I dipendenti delle Province toscane sono 1.500, un numero fermo ormai da anni, a fronte degli oltre 3.300 prima della riforma Delrio. Bisogna considerar­e che le nostre province — spiega il direttore di Upi Toscana, Ruben Cheli — versano già oggi a Roma 243 milioni di euro e hanno affrontato un riordino più duro delle altre, tanto che la Commission­e tecnica per i fabbisogni standard del Ministero dell’Economia ha certificat­o che abbiamo cinque enti tra i primi tredici nella classifica dello squilibrio».

«Dieci anni dopo la riforma — continua il presidente dell’Upi Gianni Lorenzetti — le nuove province appaiono ancora molto fragili. Un recente rapporto del Consiglio d’Europa denuncia le responsabi­lità di chi in questo lungo periodo non è riuscito a risolvere un problema che prima di tutto penalizza i cittadini, a cui vengono negati servizi degni di questo nome. Queste nuove tipologie di province non erano compatibil­i con la Costituzio­ne italiana, come si legge nel rapporto di monitoragg­io sull’applicazio­ne della Carta europea dell’autonomia locale in Italia redatto dal Consiglio d’Europa».

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