Le Province battono cassa a Stato e Regione
Il bilancio a 10 anni dalla riforma Delrio: mancano soldi per polizia, bus e ambiente
«Mancano i soldi per fornire e gestire i servizi». I nove presidenti delle province toscane — l’area fiorentina afferisce alla Città Metropolitana — lanciano un grido d’allarme a dieci anni dalla «legge Delrio» che ha rimodulato le competenze degli enti. Nel mirino però non solo lo Stato, ma anche la Regione: per questo gli amministratori hanno chiesto un incontro urgente al presidente Eugenio Giani.
«Tra le principali questioni di interesse per i cittadini che hanno subito le conseguenze della legge — dicono i presidenti delle province — crediamo che il trasporto pubblico locale e in particolare le nuove tariffe e le aree marginali con i lotti deboli, il turismo, la polizia provinciale e l’ambiente debbano avere la prioritaria attenzione da parte degli enti territoriali». In particolare secondo i rappresentanti territoriali riuniti nella sigla Upi (Unione province italiane) il taglio di risorse per le polizie provinciali del 75% dello scorso anno, «rischia di bloccare le attività di vigilanza venatoria e contenimento degli ungulati, con gravi conseguenze per agricoltori e mondo venatorio».
A questo si aggiunge la carenza di risorse per le manutenzioni ordinarie, inclusi gli edifici scolastici e i ponti.
Con la recente legge di bilancio si teme infatti un ulteriore taglio di 5 milioni per la Toscana. «I dipendenti delle Province toscane sono 1.500, un numero fermo ormai da anni, a fronte degli oltre 3.300 prima della riforma Delrio. Bisogna considerare che le nostre province — spiega il direttore di Upi Toscana, Ruben Cheli — versano già oggi a Roma 243 milioni di euro e hanno affrontato un riordino più duro delle altre, tanto che la Commissione tecnica per i fabbisogni standard del Ministero dell’Economia ha certificato che abbiamo cinque enti tra i primi tredici nella classifica dello squilibrio».
«Dieci anni dopo la riforma — continua il presidente dell’Upi Gianni Lorenzetti — le nuove province appaiono ancora molto fragili. Un recente rapporto del Consiglio d’Europa denuncia le responsabilità di chi in questo lungo periodo non è riuscito a risolvere un problema che prima di tutto penalizza i cittadini, a cui vengono negati servizi degni di questo nome. Queste nuove tipologie di province non erano compatibili con la Costituzione italiana, come si legge nel rapporto di monitoraggio sull’applicazione della Carta europea dell’autonomia locale in Italia redatto dal Consiglio d’Europa».