Corriere Fiorentino

Da Giotto al Volto Santo. I grandi restauri dell’Opificio

Tra interventi terminati e altri in corso o in procinto di partire, Daffra presenta i lavori più importanti

- Ivana Zuliani

Il restauro degli affreschi di Giotto nella Cappella Bardi in Santa Croce sta svelando «la mancanza di molte parti, nel tempo sacrificat­e, ma anche la qualità strepitosa dell’invenzione e della condizione pittorica delle parti di Giotto, che trasmetton­o non solo il racconto della storia sacra, la vita di San Francesco, ma anche la palpitante umanità delle situazioni che Francesco attraversa, in vita e nelle sue apparizion­i dopo la morte».

Cristina Acidini, presidente dell’Opera di Santa Croce e della Fondazione Roberto Longhi, racconta uno dei restauri più importanti in corso, curato dall’Opificio delle Pietre Dure. L’occasione è la giornata «Ricerca e metodo. Grandi restauri e nuovi profession­isti» che si è svolta ieri, a cura dell’Opificio, al Salone dell’Arte e del Restauro alla Fortezza da Basso. Oltre alla Cappella Bardi sono stati presentati i lavori, terminati, al sepolcro dell’Alfieri di Antonio Canova in Santa Croce e al Guerriero con scudo di Henry Moore, oggi collocato alla Terrazza di Saturno in Palazzo Vecchio. «Abbiamo selezionat­o alcune opere fiorentine che danno conto di operazioni molto diverse tra loro per epoca, materiali e problemati­che conservati­ve» spiega Emanuela Daffra soprintend­ente ad interim dell’Opificio.

Il restauro del sepolcro dell’Alfieri, durato 7 mesi, ha fatto emergere curiosità sulla sua complessa costruzion­e. Il monumento fu realizzato in parte a Roma in parte a Carrara. Prima furono montati i basamenti provenient­i da Carrara, poi iniziò l’impresa di far arrivare le altre parti, tra cui la statua dell’Italia pesante 45 quintali da Roma. Ma non c’erano carri abbastanza robusti e grandi da trasportar­li via terra, così Canova fece realizzare una carro apposta a Firenze, portandolo a Roma per caricare le preziose opere. Anche il tragitto non fu semplice: il carro era così imponente che non passava per esempio da alcune porte dei borghi. Arrivati tutti i pezzi a Firenze, Canova seguì personalme­nte il montaggio, facendo rifare l’arco che sovrasta il sepolcro, allargando­lo e rialzandol­o in modo che non «soffocasse» l’opera. L’Opificio sta lavorando ad altri due significat­ivi restauri in Toscana: «Il recupero del fonte battesimal­e di Siena, in dirittura di arrivo — spiega Daffra — e il volto santo di Lucca: sarà un restauro che lascerà il segno». Il pensiero di tutti ieri, era per Marco Ciatti, già direttore dell’Opificio scomparso pochi giorni fa, che avrebbe dovuto essere presente all’incontro. «Dobbiamo essergli grati» afferma Daffra.

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Il «Volto Santo» di Lucca sarà uno dei prossimi restauri dell’Opificio delle Pietre Dure
La sfida Il «Volto Santo» di Lucca sarà uno dei prossimi restauri dell’Opificio delle Pietre Dure

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