MANCA UNA GUIDA PUBBLICA
In piena pandemia, la Law School dell’università di Chicago ha messo in piedi, con i propri studenti, uno strumento collaborativo molto semplice (https://shopinplacechi.co m). Piccoli commercianti locali si associano sulla piattaforma digitale, informando sulla loro apertura, merceologia, e servizi offerti. Chiunque acceda alla mappa, cerca quello di cui ha bisogno e li contatta per ricevere a casa il prodotto o servizio necessario. Esistono anche analoghi esempi, più piccoli o mirati, anche in Italia e a Torino. Pensiamo però in grande, per una volta.
Pensiamo al Comune, in associazione con Università e Politecnico, che mette in piedi una piattaforma civica, cui aderiscono i commercianti. Comune che crea anche una propria utility di logistica locale, con rider pagati finalmente con un salario giusto, con tutela assicurativa e assunzione. Ora, direte che però non tutti hanno banda larga, competenze informatiche (sul lato commercianti) e che «non ci sono i soldi». Non è più tempo di «ma».
Un’iniziativa del genere è molto economica, sul lato piattaforma, e può generare una discreta quantità di risultati economici, sociali e spaziali.
Disponiamo di tutto il know-how necessario perché sia facile da utilizzare e gratuita. Sul lato del servizio pubblico e della utility di logistica, i risultati possono essere ancora più spettacolari, se pensiamo a quanto lavoro potrebbe offrire e a quali destinatari. In più, senza favorire le solite multinazionali e anzi battendo un colpo in ambito di tutele e di diritti. Di più: produrremmo dati pubblici, di cui saremmo noi i custodi. Le associazioni di rappresentanza potrebbero essere un canale di tutto questo e sostenere i propri associati, le famiglie potrebbero scegliere di comprare ‘locale’ e sarebbero responsabilizzate nei propri meccanismi di scelta. Insomma, si vedono solo vantaggi. Perché non succede? In fondo, se è così semplice, una simile iniziativa dovrebbe già essere stata sviluppata. Da un lato, abbiamo esempi virtuosi di miriadi di iniziative digitali che già in primavera consentivano la distribuzione di razioni alimentari via facebook, che fosse su scala metropolitana o di quartiere. Dall’altro lato, è evidente che in una certa misura il servizio esiste già, soprattutto nell’offerta alimentare e nel canale privato (sia esso Glovo o Justeat). Quello che manca, tra l’effervescenza del sociale e il protagonismo del mercato, è la guida del pubblico. Manca completamente una visione pubblica, gratuita, universalistica e democratica, che non si limiti a sogni di droni o di rivoluzioni green da parte di capitani d’industria folgorati sulla via di Damasco. La primavera 2021 è vicina, le idee in città non mancano, cercasi però disperatamente intelligenze politiche che abbiano un’agenda pubblica, democratica e digitale.