«La mia terza vita la dedico all’ambiente Con Green Pea vi farò consumare meno»
Il patron di Eataly ricomincia dalla sostenibilità. E l’8 dicembre apre a Torino il primo centro commerciale che vende prodotti dell’economia circolare
«Consumare meno, consumare tutti». La terza vita di Oscar Farinetti sembra quasi una negazione delle altre due. Con Unieuro, negli anni ottanta, ha trasformato l’elettronica in un settore non solo per pochi (professional), ma in un comparto di largo consumo. Con Eataly (2004) ha insegnato agli italiani, e non solo, a consumare meglio: creando il supermarket degli «Alti cibi» delle botteghe e delle eccellenze artigiane. Adesso con Green Pea (apre l’8 dicembre) l’uomo dello shopping intelligente vuole farci consumare il meno possibile, «in modo sostenibile e rispettoso dell’ambiente». In pratica Farinetti vuole mettere in vetrina uno stile di vita, «from duty to beauty», dal dovere alla bellezza Per farlo l’imprenditore piemontese, nato ad Alba 66 anni fa, ha chiamato a bordo gli amici di sempre: la famiglia del freddo Nocivelli (gruppo Epta) e Orecchia; e ha staccato un assegno da 50 milioni di euro per costruire a Lingotto un Green Retail Park di quattro piani (Life, Home, Fashion, Beauty e sul tetto Otium) . Unico punto vendita d’italia. Il primo di una lunga serie nel mondo.
Oscar Farinetti, il benvenuto di Green Pea è uno schermo che mostra immagini satellitari sullo stato precario della Terra. Vuole farci smettere di consumare?
«Io sono un mercante, figlio di mercanti. Quindi vendo il superfluo. Ne sono consapevole. Ma con Green Pea cerco di giustificare il superfluo. Al piano zero ci sarà un Discovery Museum che spiega come il futuro del mondo dipenda dai nostri consumi. Quindi nel carello della spesa entra il rispetto. Rispetto per l’ambiente e per il pianeta. Tutte le aziende in vetrina, dalla moda all’arredo,m propongono prodotti realizzati a basso impatto e per tutte le tasche, un listino sia top che pop . È un modo alternativo di concepire lo sviluppo. E purtroppo non abbiamo alternative. Questo è l’unico business plan per il nostro futuro».
Perché un pisello verde simbolo di centro commerciale?
«Perché è sferico come la terra. E verde come la terra dovrebbe tornare a essere. Quando penso a un progetto penso sempre a una forma. E vorrei che il pisello verde diventasse un brand. Una sorta di certificazione green che comparirà su tutti i prodotti che vendiamo. Ma Green Pea è anche un marchio che progetta e vende servizi».
Più che un supermarket Green Pea diventa uno studio di supermarketing.
«In un certo senso sì. Ma nel senso positivo del termine. Al primo piano dello store ci sono i brand dedicata alla casa. Ma anche gli studi di architettura. Il cliente, azienda o privato, può affidarsi alla consulenza Green Pea per ristrutturare in modo sostenibile l’abitazione o un ufficio. Lo stiamo già facendo. Abbiamo realizzato gli uffici dell’azienda di Ict Tesi. Poter sfoggiare il pisello verde sarà cool».
La terza avventura coincide con la peggior crisi dei consumi e l’avanzata dell’ecommerce. Conta di vincere la sfida anche questa volta?
«Sono ottimista per natura. Credo che il commercio per essere tale avrà sempre bisogno della dimensione fisica: toccare, annusare e poi comprare. E poi credo che lo squilibrio tra ecommerce e negozi fisici vada colmato. Oggi soffriamo una concorrenza sleale. Le grandi piattaforme pagano poche tasse, e non sempre dove realizzano i ricavi».
Il governatore Cirio propone una web tax sui giganti dell’ecommerce.
«È fuori dubbio che noi commercianti partiamo svantaggiati. Ma il mio obiettivo è vincere la partita sui valori messi in campo. Sono convinto che tra qualche anno sarà considerato figo chi compra un cellulare rigenerato, un mobile fatto di legno riciclato o una giacca realizzata con materiali di recupero. Cerco di far diventare cool uno stile di vita. In fondo ho sempre fatto questo. Con l’elettronica, poi con il cibo e adesso con l’ambiente. Ma cerco di farlo in anticipo, prima degli altri».
Green Pea debutta a Torino. E sarà l’unico store in Italia. Perché?
«Perché Torino ha inventato tutto. È la città delle invenzioni. Giusto partire da qui, da un Lingotto in piena trasformazione. E poi, pochi lo sanno, il nostro punto vendita di Torino, che qualcuno sbagliando considera in zona semiperiferia, fattura di più di quello in pieno centro Milano, 41 milioni contro 40. Dopo il debutto apriremo nelle grandi capitali, a cominciare da Dubai ».
Quattro piani di negozio. E un rooftop di otium. Perché?
«Il piano terra è il progetto a cui sono più affezionato. Perché ribalta le logiche del retail. E insegna al consumatore a comprare in modo più responsabile. Ma ho pensato che dopo tanto negotium ci volesse un posto per l’otium. Un club per il tempo libero dove far riposare il corpo e la mente».
La famiglia Farinetti rimarrà azionista di controllo di Eataly ancora a lungo?
«Avevamo in mente la quotazione in Borsa. Poi abbiamo sospeso il progetto. Ma è un’idea a cui non abbiamo rinunciato del tutto. Vedremo. Non è escluso l’ingresso di un partner industriale. Abbiamo 40 negozi in tutto il mondo. Una partnership potrebbe fare bene. Abbiamo tante richieste. Ma siamo sufficientemente solidi da poter camminare da soli ancora a lungo».
❞ Voglio dimostrare che esiste la possibilità, subito, di vivere in armonia con il pianeta senza dover rinunciare al bello e ai piaceri