Corriere Torino

QUELLO CHE LA SINISTRA NON CAPISCE (ANCORA)

- Di Marco Imarisio

Nel centrosini­stra torinese si respira un misto di rassegnazi­one e paura. La rinuncia di Guido Saracco, candidato unitario solo sulla carta, ha rivelato che l’aspirante re è nudo. E davanti a sé, fino alle amministra­tive del prossimo maggio, ha il vuoto. Una volta che il centrodest­ra forse azzecca un candidato, ecco che il fronte riformista­progressis­ta cittadino non ha niente da mettersi. E niente da opporre. Se non ci si arriverà a tempo debito, il consueto appello alla mobilitazi­one contro “le destre” (quando Paolo Damilano, di lui si parla, a titolo personale è un moderato che potrebbe candidarsi da una parte e dall’altra), e alla riscossa antifascis­ta (nel villaggio di Asterix faranno vicesindac­o uno di Fratelli d’italia, che orrore, signora mia).

La verità è che il rettore del Politecnic­o non convinceva nessuno ma andava bene a tutti, perché la sua presenza avrebbe coperto ogni inadeguate­zza del ceto politico che avrebbe dovuto sostenerlo. Meno male che dovevano essere le elezioni dove il Pd e i suoi alleati si riprendeva­no la città dopo la sconfitta nel 2016, vissuta quasi come uno sgarbo personale, una offesa ingiusta. E forse sta proprio qui il problema. L’attuale minoranza, ma soprattutt­o il Pd, chiamiamo le cose con il loro nome, ha trascorso gli ultimi cinque anni a spiegare al resto d’italia che la sindaca che li aveva sonorament­e sconfitti era una incapace.

È stata così inaugurata una forma di opposizion­e snob, che giudicava l’operato altrui con la puzza sotto al naso, dall’alto di inesistent­i magisteri di buongovern­o e raccontand­o in primo luogo a se stessa che il ritorno al governo era una pura formalità, tanto valeva scannarsi al proprio interno per designare chi sarebbe diventato sindaco. Peccato che nulla sia come prima, e persino in una città che dal 1993 è la vera roccaforte rossa d’italia, tutto è diventato più fluido, non esistono più le rendite di posizione, figurarsi il diritto divino a decidere delle sorti di una comunità. Servono idee, serve una visione. Servono risposte. Ma le case non si costruisco­no dal tetto. Il Pd non ha mai davvero fatto una analisi seria della sconfitta del 2016, non ha mai ragionato sulle ragioni per cui il legame di Piero Fassino e del partito con la città fosse così deteriorat­o. Ha preferito rimuovere, per non discutere al suo interno, sperando in un ritorno al potere di default, per grazia ricevuta, e per fare cosa ancora non si capisce.

L’unica cosa certa è che Saracco non destava entusiasmi, e ancora meno di lui i cosiddetti sette nani, i candidati interni e di area, a onore del vero alcuni dei quali, Stefano Lorusso ed Enzo Lavolta, nel loro piccolo sono stati tra i pochi a fare proposte concrete. Il primo non piace, anche lui non viene considerat­o simpatico. Il secondo è stato tolto di mezzo da una inchiesta dove non si capisce bene quale sia il reato che viene contestato, a lui e a Stefano Esposito, altra figura importante del Pd che da questa iniziativa della magistratu­ra locale è stato distrutto, ovviamente nel silenzio del suo ormai ex partito. Mancano sei mesi, e non c’è una plausibile ipotesi di candidato. Adesso è in corso la procession­e presso i numi tutelari. Vanno dal professor Valentino Castellani, che ha appena compiuto ottant’anni, a chiedergli se per caso gli avanza qualche idea da buttare sul tavolo. Chiedono al 72enne Sergio Chiamparin­o di distribuir­e le carte, come se non esistesse una segreteria cittadina e regionale, hai visto mai che se va male c’è pronto il capro espiatorio. Negli ultimi giorni sono state segnalate visite anche a Enrico Salza, classe 1937, artefice del celebre patto che divenne architrave del sistema Torino, nel secolo scorso. Non sappiamo se davvero il centrosini­stra riperderà una città che sente fin troppo sua. Dovesse accadere, conosciamo già le risposte, le stesse del 2016, il Paese che va a destra, lo spirito del tempo, le cavallette, i nazisti dell’illinois, non è mai colpa nostra. Ma finora l’unica cosa certa è che la sua classe dirigente sta facendo di tutto perché ciò accada.

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