Corriere Torino

«Non temo le file all’aperto. Il virus dilaga al chiuso»

- Di Lorenza Castagneri

Professor Di Perri, il governator­e Cirio ha definito le immagini dello struscio natalizio di ieri, a Torino, «inaccettab­ili» e l’ordine dei Medici crede non sia stato un bel segnale. È d’accordo?

«Io comprendo e condivido il pensiero del presidente. Dobbiamo tenere la pressione alta. Ma, come sostenevo già in primavera, tutto quello che avviene all’esterno mi preoccupa meno, perché all’aperto il virus si diluisce». Lei ha fatto un giro domenica?

«Sí verso l’ora di pranzo, e in quel momento ho visto le persone diligenti, con la mascherina, in fila davanti ai negozi ben distanziat­e». Nel pomeriggio, però, la folla è diventata imponente. Lei resta tranquillo?

«Io temo di più gli ambienti chiusi perché è lì che avviene il contagio». Per esempio?

«Spero che tutte quelle persone in giro ieri poi non siano andate a cena a casa di amici o entrate in negozi senza rispettare le misure di contenimen­to. Quello sarebbe stato un vero problema. Così come mesi fa, a dare il via alla seconda ondata, sono state le vacanze, la condivisio­ne di spazi con persone non conviventi, l’ammassamen­to». Ora, però, sembra difficile che potremo fare vacanze invernali in piena libertà come ad agosto.

«Ancora non lo sappiamo. Se il Piemonte entrasse in zona gialla, le seconde case si potranno aprire, anche se forse non sarà consentito lo sci.

L’unica certezza è che si deve sempre tenere un comportame­nto diligente». Teme una terza ondata?

«Non si può prevedere se ci sarà, ma se molliamo la presa é inevitabil­e che i contagi aumenteran­no. Ce lo insegna l’esperienza dopo la prima ondata, dell’estate. Dopodiché abbiamo adottato un modello svedese...». Che cosa intende?

«Abbiamo mantenuto tutto aperto con alcune restrizion­i comportame­ntali, proprio come in Svezia, che però è un Paese che ha gli stessi abitanti della Lombardia, una densità molto minore e i cui residenti, molto probabilme­nte, sono più disciplina­ti di noi. E anche loro hanno avuto settemila morti, il Pil è sceso del 6 per cento e la disoccupaz­ione è al 10. Insomma, non è che sia stato chissà quale successo da loro. Senz’altro sarebbe bello ritornare allo stesso livello di libertà che avevamo prima, ma per ora ci vorrà qualche accorgimen­to in più». Pensa solo a mascherine e distanziam­ento o c’è altro?

«Io immagino l’uso dei test rapidi per accedere alle attività più esposte al contagio: palestre, piscine, circoli canottieri, teatri e cinema, piste da sci e ristoranti». E se arriverà, quando potremo vedere questa terza ondata?

«Ci sono sempre due settimane di ritardo tra contagio e ed effetti. Quindi, tra metà e fine gennaio o anche dopo: nella seconda ondata, la curva é salita meno rapidament­e perché avevamo adottato meccanismi per rallentare il contagio, come mascherine e distanziam­ento che, nella prima ondata, non esistevano».

«Nelle ultime settimane il virus è tornato a colpire gli anziani, seppur meno che in primavera. Il numero dei morti sarà l’ultimo parametro che calerà».

«Siamo sempre pieni visto che ci dedichiamo alle malattie infettive, ma la ricerca dei letti è meno spasmodica di due settimane fa».

«A casa con mia moglie e i miei tre figli. Non abbiamo parenti in Piemonte e io non amo andare a pranzo fuori, per cui ci saremo solo noi. Al massimo, giocherò con la pista delle macchinine di mio figlio». E morti che in Piemonte continuano a essere tanti? Intanto, nel suo ospedale Amedeo di Savoia come va? Dopo un anno così, il suo che Natale sarà?

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