Formazione e organizzazione, i principali guai dell’affido
L’indagine della Regione: solo il 14% avviene per maltrattamenti e abusi. I servizi sociali: manca personale
L’odissea dei quattro fratellini di Cuneo, se non altro per i suoi tempi, fa tornare di attualità il dibattito sul sistema di segnalazione e presa in carico di casi di abuso e maltrattamenti ai danni di minori, e l’eventuale allontanamento degli stessi dai nuclei familiari di appartenenza. Un’analisi contenuta nelle 91 pagine dell’indagine conoscitiva fatta dalla IV commissione del consiglio regionale. Si parte da un grande classico italiano, la mancanza di risorse, come riassume l’audizione di Silvia Murdocca, referente organizzativo del servizio sociale aziendale Città della Salute: «La principale criticità è sempre quella relativa al personale, bisogna avere il tempo e la lucidità di ascoltare e dedicare energie alle famiglie».
L’odissea dei quattro fratellini di Cuneo, se non altro per i suoi tempi, fa tornare di attualità il dibattito sul sistema di segnalazione e presa in carico di casi di abuso e maltrattamenti ai danni di minori, e l’eventuale allontanamento degli stessi dai nuclei familiari di appartenenza. Un’analisi contenuta nelle 91 pagine dell’indagine conoscitiva fatta dalla IV commissione del consiglio regionale.
Si parte da un grande classico italiano, la mancanza di risorse, come riassume l’audizione di Silvia Murdocca, referente organizzativo del servizio sociale aziendale Città della Salute: «La principale criticità è sempre quella relativa al personale, perché se si vuole dare sostegno alle famimenti 948 in attesa di collocamento bisogna avere anche il tempo e la lucidità di ascoltarle e dedicare energie».
Dopodiché, se i servizi sociali sono un pezzetto di tutto il puzzle, il più delle volte paiono diventarne il principale, come argomenta Novella Ferrini, dell’osservatorio nazionale a sostegno delle vittime: «Quello che è il minimo comune denominatore di tutti questi casi che abbiamo avuto modo di verificare è che il Tribunale dei minori decide, ponendo delle linee guida, ma lascia completa autonomia gestionale dei rapporti tra minori e genitori naturali ai servizi sociali». Offre una visione più ampia l’audizione dell’avvocato Giulia Facchini, che si occupa principalmente di famiglia e minori, e che pone l’accento sull’importanza del ruolo dei curatori speciali. E, di conseguenza, dell’esigenza «di investire sempre maggiormente sulla loro formazione, che deve essere multidisciplinare e interdisciplinare». Non è l’unica cosa da fare: «Altra problematica sono alcune carenze organizzative del Tribunale dei minorenni, come quella dell’assenza di informatizzazione». Sulla preparazione, conferma la collega, l’avvocato Assunta Confente: «Ci vuole più formazione interdisciplinare, non può essere settoriale». E se per i dati della Regione il 56% degli allontanamenti avviene per comportamenti non rispondenti alle necessità del bambino (trascuratezza, incuria e mancanza di una rete familiare adeguata) e solo nel 14% dei casi per maltrattaglie, o abusi, il capo della Procura dei minori, Emma Avezzù precisa: «Relativamente alle problematiche di tipo educativo e sociale, i singoli problemi, da soli, non determinano l’allontanamento, ma è evidente che sono le famiglie più povere che chiedono l’assistenza dei servizi sociali». Chi può, sceglie altre strade: «Le famiglie con un elevato reddito si rivolgono alle strutture private o a specifici professionisti». E se per non pochi studiosi, il sistema piemontese è uno dei migliori, in Italia, la professoressa Paola Ricchiardi, docente di Pedagogia sperimentale all’università di Torino, sottolinea il problema delle tempistiche: «Segnala tuttavia — si legge nella relazione — che dall’indagine svolta emerge un grave ritardo negli interventi di allontanamento del minore: i bambini arrivano in media a 8-9 anni, constatando quindi che, uno su quattro dei bambini considerati, è rimasto oltre 5 anni in una famiglia con grave disagio psicologico, dipendenze, violenza tra i coniugi e/o incapacità genitoriale prima di giungere in accoglienza».
La pedagogista «Un bambino su 4 rimane per oltre 5 anni in una famiglia con gravi disagi psicologici»