Troppa produzione: crolla il prezzo del Barolo
Garanzia su un’operazione da 3 milioni per esportare etichette in Ucraina, Russia e Kazakistan
Prima è finito nelle vetrine degli autogrill, adesso viene esposto in promozione sugli scaffali dei supermercati a 9,90 euro. Il re dei vini, orgoglio e simbolo del Piemonte, perde la corona e diventa un prodotto low cost. Una discesa vertiginosa dei prezzi che sta facendo tremare le colline delle Langhe come un terremoto. Perché il lancio in private label a 9,90 euro del Barolo di Terre da Vino (a marchio Conte di Zanone) è vissuto tra le vigne nobili del territorio quasi come un affronto; una svendita che mette a rischio un’etichetta (fino a ieri) sinonimo di lusso.
Dalla Valle Belbo a Leopoli via Sace. Cantine Toso scommette sull’europa dell’est e i Paesi emergenti per non fermare la corsa sulla tavola e sugli scaffali dei suoi vini. Con un’operazione da tre milioni di euro, garantita dalla controllata di Cassa Depositi e Prestiti, l’azienda vinicola cuneese fornirà le sue etichette alla compagnia Regno Italiya, specializzata nel commercio all’ingrosso e al dettaglio di vini e prodotti caseari d’importazione dall’italia, che le spingerà nelle catene commerciali di Ucraina, Russia, Kazakistan e, nel futuro, della Bielorussia. Nel dettaglio, Sace ha assicurato la transazione da eventuali rischi politici e commerciali. «Quell’area ha risposto meglio di altre — racconta il direttore generale Gianfranco Toso —. Quando ci si rivolge a mercati europei come Francia e Germania, i risultati sugli investimenti sono molto lenti, invece nei Paesi “emergenti” il ritorno è subitaneo e di livello». Il problema, fa capire Toso, è tutto sul mercato italiano, con i pubblici esercizi chiusi dalla seconda quarantena.
Negli ultimi quattro anni l’export italiano di beni in Ucraina ha fatto registrare una crescita a un tasso medio del 18%. L’italia, infatti, vanta relazioni commerciali storiche con Kiev e nel 2019 le imprese italiane hanno realizzato un fatturato di circa 1,8 miliardi di euro. Sebbene nel 2020 si attenda una contrazione delle vendite, le esportazioni verso l’ucraina dovrebbero ripartire nel 2021 con ritmi di crescita intorno al 13% e saranno trainate, tra le altre, proprio dalla vendita di beni alimentari (+16,7%). «Siamo felici di poter essere al fianco di Toso con l’obiettivo di consolidare le sue attività in Ucraina e in altri paesi dell’area e per continuare a puntare con ottimismo sulla proiezione internazionale come driver di crescita — hdice Enrica Delgrosso, responsabile Nord Ovest di Sace —. Con questa operazione confermiamo il nostro impegno verso il comparto agroalimentare, uno dei pilastri del Made in Italy che certamente contribuirà all’auspicata ripresa dell’economia piemontese».
Toso, 40 milioni di ricavi, dal 1910 ha una storia legata al Moscato, non è un caso infatti se i prodotti di punta sono gli spumanti, dal più classico dei dolci, l’asti docg, al nuovissimo Asti Secco docg di cui è presente anche la versione senza solfiti (Sarunè); il Pinot Chardonnay, il Moscato Spumante e il Brachetto d’acqui docg. Negli anni però sono arrivati anche altri uvaggi (quasi scontato con 30 ettari vitati e 130 viticoltori conferenti): Barbera, Barbaresco, Barolo, Nebbiolo e infine i vermouth e l’arcinoto liquore Toccasana di Teodoro Negro. «I Paesi emergenti quando si avvicinano al consumo del vino partono sempre dal dolce — spiega Toso —. Bevono volentieri moscato e le nostre produzioni particolari, fatte per un 50% da vino e il restante succhi di frutta-. In questo modo poi si aprono anche a etichette vere e proprie, in Ucraina infatti andiamo a esportare pure Barbaresco e Barolo».
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Se si investe sui Paesi emergenti il ritorno è subitaneo e di livello a differenza di altri mercati come Francia e Germania