La morte di Piccardo, l’amico che era con lui: «Mi son tuffato per salvarlo»
Era stato protagonista della movida torinese Il drammatico suicidio di Paolo Piccardo a Roma nel racconto dell’amico che si è tuffato nel Tevere per aiutarlo
«Dai, Paolino, andiamo. Torniamo indietro». «No, vai tu, io rimango un po’ qui». L’ultimo scambio di battute fra due amici per la pelle. «Non potevo pensare che non l’avrei più rivisto. All’improvviso è sceso dal marciapiede sul lungotevere, ha raggiunto di corsa il ponte e si è buttato di sotto dopo aver scavalcato il parapetto. Lei che avrebbe fatto?
Ho raggiunto il greto del Tevere e intanto ho telefonato ai carabinieri. Poi mi sono buttato anch’io...». Ventiquattr’ore dopo la tragedia di Paolo Piccardo nel centro di Roma, Andrea Pidò, 50 anni, è scosso, ma lucido. «Perché l’ha fatto? Lo sa solo lui, certo da qualche tempo era abbattuto, preoccupato.
ROMA «Dai, Paolino, andiamo. Torniamo indietro». «No, vai tu, io rimango un po’ qui». L’ultimo scambio di battute fra due amici per la pelle. «Non potevo pensare che non l’avrei più rivisto. All’improvviso è sceso dal marciapiede sul lungotevere, ha raggiunto di corsa il ponte e si è buttato di sotto dopo aver scavalcato il parapetto. Lei che avrebbe fatto? Ho raggiunto il greto del Tevere e intanto ho telefonato ai carabinieri. Poi mi sono buttato anch’io...».
Ventiquattr’ore dopo la tragedia di Paolo Piccardo nel centro di Roma, Andrea Pidò, 50 anni, è scosso, ma lucido. «Perché l’ha fatto? Lo sa solo lui, certo da qualche tempo era abbattuto, preoccupato: il Covid, quest’anno infame, lo avevano messo in difficoltà. L’azienda faticava a riprendersi, aveva paura di non farcela a pagare le tasse, le bollette», rivela l’amico dell’imprenditore che con uno slancio non comune ha cercato di salvarlo mettendo a rischio la sua vita nel fiume in piena, sotto la pioggia. I pompieri sommozzatori li hanno recuperati entrambi non lontano da ponte Sublicio, dove era stati trascinati dalla corrente.
«E chi non avrebbe fatto come me? Ma anche per uno sconosciuto — sospira —. Ho letto tante stupidaggini al riguardo: sono stato io ad agguantarlo nell’acqua gelida, a tirarlo verso di me e trattenerlo, tenendomi ancorato a un ramo. Ho provato a rianimarlo, gli ho fatto la respirazione bocca a bocca, ma secondo me l’impatto con l’acqua l’aveva ucciso sul colpo. Poi sono arrivati i soccorsi, ero in ipotermia. Cosa rimane? Che ho perso un amico, l’amico di una vita».
Piccardo, 53 anni, animatore delle notti della movida torinese negli anni Novanta, poi manager di successo con la Wide International — con la quale aveva allestito campagne con manifesti e cartellonistica nelle edicole di tutta Italia in occasione di eventi e concerti -, era arrivato a Roma da tre giorni con la fidanzata. Doveva concludere alcuni affari nella Capitale e domenica aveva deciso di andare a pranzo con Pidò, che vive a Roma, e la compagna. Avevano scelto un famoso ristorante vicino a piazza Trilussa. Per i carabinieri della compagnia Trastevere non c’è molto da indagare: attendono il responso dell’autopsia, prevista forse per domani, e il risultato degli esami tossicologici. «Che non fosse un periodo facile era noto, che fosse depresso per questo motivo anche — racconta l’amico —, ma lui era un genio, nel bene e nel male. E lo abbiamo perso tutti. Mi hanno portato in ospedale, ma dopo qualche ora ho firmato per andarmene: in fondo non mi sono fatto niente e non me la sentivo di lasciare da sola la sua fidanzata».
Andrea Pidò Ho anche cercato di rianimarlo
Il viaggio Piccardo era una manager di successo si trovava nella capitale per alcuni affari