Corriere Torino

«Il linguaggio è la nostra identità»

Moni Ovadia partecipa alla Giornata mondiale per i diritti umani: film e un convegno online dedicati a lingue negate, repression­e culturale e scempi ambientali

- di Fabrizio Dividi

Lingue negate, repression­e culturale, scempi ambientali: sono solo alcuni dei temi proposti in una due giorni online composta da una rassegna di cinema (sulla piattaform­a Streeen.org) e dalla presentazi­one del Rapporto sui diritti Globali sullo stato dell’impunità del mondo curato dalla Societàinf­ormazione Onlus. All’incontro, oggi alle 15 sui social dell’associazio­ne Diritti Globali, parteciper­anno tra gli altri Leonardo Fiorenti, direttore di Fuoriluogo.it, l’attore Paolo Rossi e l’artista Moni Ovadia (si parla di un suo imminente incarico alla direzione del Teatro Comunale di Ferrara) che commenta così la sua presenza: «Questi rapporti periodici sono utili a fotografar­e il presente e mi fa piacere prendere parte a questo convegno curato dall’amico Sergio Segio dove si parlerà, tra l’altro, di diseguagli­anze sociali e culturali».

Come nel film «Anti», dove si affronta il tema a lei caro del linguaggio.

«Era consuetudi­ne marchiare quei baschi che si opponevano allo studio del francese con un ciondolo appeso al collo. Lo facevano per definirti inferiore, ma di esempi simili la storia è piena».

Come le stelle di David durante il nazismo?

«Penso piuttosto alle lingue negate, come l’yiddish e il Gaelico, ma potrei citarne molti altri. Quando il potere vuole negarti l’identità, nel migliore dei casi non ti elimina ma decide “cosa” devi essere, a cominciare proprio dal linguaggio. Questa pratica si chiama etnocidio ed è finalizzat­a a distrugger­e la tua identità culturale».

E lei ne rivendica parecchie.

«Se potessi, vorrei avere il passaporto di Madre Terra. Parlo almeno 5 lingue e tra queste c’è il mio milanese di cui vado fiero. Vado oltre. Penso che nelle scuole si dovrebbero insegnare anche i dialetti. Si rende conto che patrimonio culturale stiamo disperdend­o?».

Un tema di cui la destra sembra essersi impadronit­a.

«Hanno capito prima degli altri che la regionalit­à andava valorizzat­a e intanto la sinistra, a parte quella colta, ha sempre equivocato il significat­o di internazio­nalismo. Eppure il teatro italiano più diffuso al mondo è proprio quello regionale; pensi a Giorgio Strehler a Dario Fo, a Eduardo De Filippo».

Anche l’europa è colpevole?

«L’europa dovrebbe comunicare questo al cittadino: “Io ti faccio europeo ma ti garantisco la tua identità; sostengo e difendo i tuoi diritti ma salvaguard­o la tua territoria­lità”. Non è poi così difficile; io sono ebreo, milanese, bulgaro, italiano e sono orgoglioso di ognuna di queste espression­i. In sintesi, perché alla politica degli aut-aut non possiamo praticare quella dell’et-et? In questo modo toglieremm­o un grande argomento ai populismi».

Dal linguaggio alla poesia. «Mittente: Ilhan Sami Çomak», altro film in rassegna, ci informa di un poeta in carcere per motivi politici da 26 anni.

«Imprigiona­re un poeta è il più schifoso dei crimini. La poesia è l’anima del mondo e un’anima non si ingabbia. La

❞ Contrasti La poesia è l’anima del mondo, non si ingabbia La lingua del potere invece è falsa e autorefere­nziale

❞ Ricchezza A scuola si dovrebbe insegnare anche il dialetto: alla politica dell’aut-aut preferisco quella dell’et-et

lingua del potere, al contrario, è volgare, falsa autorefere­nziale. Bisognereb­be combatterl­a, sempre».

Ovadia, quando verrà a trovarci?

«A Torino, penso in particolar­e al Teatro Stabile, sono venuto meno di quanto avrei voluto e spero vivamente che non sia dipeso dal mio appoggio alla causa palestines­e. Ora le cose sono un po’ cambiate e spero di tornare presto davanti al pubblico di una città che mi ha accolto sempre a braccia aperte».

Così va finire che si sente anche un po’ torinese.

«Glielo dimostro subito. Canterò questa filastrocc­a delle Langhe: “As ciama La canson bugiarda…”». Moni Ovadia la intona in perfetto piemontese. Di sicuro merita un bis dal vivo, speriamo di potergliel­o chiedere presto.

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 ??  ?? Sul palco Moni Ovadia si definisce con orgoglio «un ebreo, milanese, bulgaro e italiano» che parla cinque lingue (e sa anche cantare filastrocc­he in piemontese)
Sul palco Moni Ovadia si definisce con orgoglio «un ebreo, milanese, bulgaro e italiano» che parla cinque lingue (e sa anche cantare filastrocc­he in piemontese)

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