«Il linguaggio è la nostra identità»
Moni Ovadia partecipa alla Giornata mondiale per i diritti umani: film e un convegno online dedicati a lingue negate, repressione culturale e scempi ambientali
Lingue negate, repressione culturale, scempi ambientali: sono solo alcuni dei temi proposti in una due giorni online composta da una rassegna di cinema (sulla piattaforma Streeen.org) e dalla presentazione del Rapporto sui diritti Globali sullo stato dell’impunità del mondo curato dalla Societàinformazione Onlus. All’incontro, oggi alle 15 sui social dell’associazione Diritti Globali, parteciperanno tra gli altri Leonardo Fiorenti, direttore di Fuoriluogo.it, l’attore Paolo Rossi e l’artista Moni Ovadia (si parla di un suo imminente incarico alla direzione del Teatro Comunale di Ferrara) che commenta così la sua presenza: «Questi rapporti periodici sono utili a fotografare il presente e mi fa piacere prendere parte a questo convegno curato dall’amico Sergio Segio dove si parlerà, tra l’altro, di diseguaglianze sociali e culturali».
Come nel film «Anti», dove si affronta il tema a lei caro del linguaggio.
«Era consuetudine marchiare quei baschi che si opponevano allo studio del francese con un ciondolo appeso al collo. Lo facevano per definirti inferiore, ma di esempi simili la storia è piena».
Come le stelle di David durante il nazismo?
«Penso piuttosto alle lingue negate, come l’yiddish e il Gaelico, ma potrei citarne molti altri. Quando il potere vuole negarti l’identità, nel migliore dei casi non ti elimina ma decide “cosa” devi essere, a cominciare proprio dal linguaggio. Questa pratica si chiama etnocidio ed è finalizzata a distruggere la tua identità culturale».
E lei ne rivendica parecchie.
«Se potessi, vorrei avere il passaporto di Madre Terra. Parlo almeno 5 lingue e tra queste c’è il mio milanese di cui vado fiero. Vado oltre. Penso che nelle scuole si dovrebbero insegnare anche i dialetti. Si rende conto che patrimonio culturale stiamo disperdendo?».
Un tema di cui la destra sembra essersi impadronita.
«Hanno capito prima degli altri che la regionalità andava valorizzata e intanto la sinistra, a parte quella colta, ha sempre equivocato il significato di internazionalismo. Eppure il teatro italiano più diffuso al mondo è proprio quello regionale; pensi a Giorgio Strehler a Dario Fo, a Eduardo De Filippo».
Anche l’europa è colpevole?
«L’europa dovrebbe comunicare questo al cittadino: “Io ti faccio europeo ma ti garantisco la tua identità; sostengo e difendo i tuoi diritti ma salvaguardo la tua territorialità”. Non è poi così difficile; io sono ebreo, milanese, bulgaro, italiano e sono orgoglioso di ognuna di queste espressioni. In sintesi, perché alla politica degli aut-aut non possiamo praticare quella dell’et-et? In questo modo toglieremmo un grande argomento ai populismi».
Dal linguaggio alla poesia. «Mittente: Ilhan Sami Çomak», altro film in rassegna, ci informa di un poeta in carcere per motivi politici da 26 anni.
«Imprigionare un poeta è il più schifoso dei crimini. La poesia è l’anima del mondo e un’anima non si ingabbia. La
❞ Contrasti La poesia è l’anima del mondo, non si ingabbia La lingua del potere invece è falsa e autoreferenziale
❞ Ricchezza A scuola si dovrebbe insegnare anche il dialetto: alla politica dell’aut-aut preferisco quella dell’et-et
lingua del potere, al contrario, è volgare, falsa autoreferenziale. Bisognerebbe combatterla, sempre».
Ovadia, quando verrà a trovarci?
«A Torino, penso in particolare al Teatro Stabile, sono venuto meno di quanto avrei voluto e spero vivamente che non sia dipeso dal mio appoggio alla causa palestinese. Ora le cose sono un po’ cambiate e spero di tornare presto davanti al pubblico di una città che mi ha accolto sempre a braccia aperte».
Così va finire che si sente anche un po’ torinese.
«Glielo dimostro subito. Canterò questa filastrocca delle Langhe: “As ciama La canson bugiarda…”». Moni Ovadia la intona in perfetto piemontese. Di sicuro merita un bis dal vivo, speriamo di poterglielo chiedere presto.