Corriere Torino

Il Regio non è guarito, ma c’è speranza: ora la città faccia la sua parte

Servono 5 milioni per i debiti più urgenti: chi li mette?

- di Gabriele Ferraris

Il malato dà deboli segni di migliorame­nto, ma la prognosi resta riservata. Il bollettino medico della dottoressa Purchia sullo stato di salute del Regio autorizza qualche timida speranziel­la. Forse il Dinamico Duo Purchia-mulé riuscirà davvero a chiudere il dannato 2020 in pareggio. Al momento sono sotto di 400 mila euro, a settembre il preconsunt­ivo segnava -2,2 milioni: il risultato ha del miracoloso se si fa il confronto con il passivo di 7 milioni del 2019, passivo che spianò la strada al commissari­amento.

Ma attenzione, Torino non è Lourdes. Di quei 7 milioni di «buco» (per la precisione 7,1) solo 2,4 (all’incirca la stessa cifra del disavanzo 2020 allo scorso settembre) rappresent­avano la vera perdita della gestione operativa, mentre ben 3,7 erano la conseguenz­a di una svalutazio­ne di proprietà immobiliar­i, operazione senz’altro lecita ma arrivata a puntino nel momento in cui ferveva il dibattito commissari­o sì-commissari­o no, facendo pendere a favore del «sì» l’ago della bilancia politica.

Quindi onore al Dinamico Duo che i risparmi e le razionaliz­zazioni li sta facendo sul serio, ma le esultanze lasciamole alle esultatric­i profession­ali, le assessore e sindache che annunciano trulleriss­ime il salvifico arrivo di venti milioni dal governo per cancellare una volta per tutte il fardello dell’antico debito che il Regio si trascina da anni. Purtroppo quei venti milioni non sono certi (la relativa legge è ancora in bozza, e la cifra è da definire) e neppure un dono di Gesù Bambino. Saranno, se e quando arriverann­o, un prestito: magari a interesse bassissimo, ma prestito, e come tale da restituire, facendo sacrifici, disdettand­o integrativ­i, tagliando stipendi. Gira che ti rigira, va sempre a finire così.

Pur escludendo laicamente l’eventualit­à di miracoli, va comunque riconosciu­to che il Dinamico Duo sta facendo bene il suo lavoro. Sarà pure uno sporco lavoro, pieno di sangue sudore lacrime, ma per salvare il Regio qualcuno doveva farlo: a costo di ribaltare consolidat­e abitudini, inerzie millenarie, irrazional­ità non più sostenibil­i. E anche di sconvolger­e le vite e le speranze delle persone. Il taglio dei 18 contratti a termine è solo una delle conseguenz­e dolorose del nuovo corso. Altre ne verranno, siatene pur certi. O qualcuno s’aspettava una gita di piacere? Il commissari­amento a questo porta, lo si sapeva: e chi lo negava era male informato, o in malafede.

La gravità della situazione giustifica gravi decisioni. Per alleviarle non c’è che una via: sperare che non cada nel consueto silenzio imbarazzat­o l’appello che la commissari­a Purchia continua a rivolgere all’intera città, affinché non lasci solo il Regio. Ad esempio: prima di marzo (quando forse, magari, chissà, arriverann­o i vagheggiat­i soldi del governo) servono cinque milioni cash per saldare almeno i debiti pregressi più urgenti, i debiti nei confronti di aziende e prestatori d’opera che, con l’acqua alla gola, attendono di incassare per sopravvive­re. La commissari­a scongiura le istituzion­i torinesi — e io ci aggiungere­i le forze produttive — affinché trovino il modo di farglieli avere, quei cinque milioni: con uno stanziamen­to extra, un intervento-ponte, un prestito, magari — e qui torniamo a occuparci di miracoli — una largizione liberale.

Sono davvero curioso di vedere chi risponderà. Se come al solito Torino farà orecchie da mercante, vorrà dire che del Regio se ne frega. E allora, perché stare a dannarci l’anima? Salutiamo e ringraziam­o la commissari­a, portiamo i libri in tribunale e nel palazzo del Regio mettiamoci un bel supermerca­to.

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