Nasce il primo Shochu italiano
Un distillato frutto della collaborazione tra Chicca Vancini e Dennis Zoppi
Lo Shochu in Giappone è diventato (quasi) più famoso del sakè. A differenza di quest’ultimo, viene fermentato e distillato da ingredienti più disparati: per produrlo si usano patate dolci, orzo, riso. Più alcolico del vino, ma meno di vodka, gin, whisky. Perfetto da solo, cambia profumi e aromi a seconda di come lo si serve; è l’ideale nella mixology. A Torino stanno per presentare il primo Shochu italiano. Ne abbiamo parlato con Chicca Vancini.
Quando nascono il tuo amore per il sakè e il desiderio di diventare Sakè sommelier?
«Nel 2015, quando a Torino ho aperto Emilia. Nel 2017 ho iniziato a studiare il vino. Mi ero prefissata di studiare un vino diverso ogni mese; poi sul mio cammino incontro il sakè e ne rimango affascinata. E così ho sostituito, nello studio, il sake al vino. Diplomata sakè sommelier nel 2019, tra gennaio e febbraio di quest’anno sono partita per il
Giappone per conseguire l’advance, un master. Ho lavorato in una cantina a Yamagata per una decina di giorni. Per i giapponesi non era una cosa così scontata, solitamente le donne non fanno richiesta per lavorare in una cantina. Erano così sconvolti dal mio arrivo che hanno chiamato la tv locale per farmi intervistare!».
Raccontaci la nascita di questo nuovo prodotto, Cipango Shochu, in collaborazione con Dennis Zoppi.
«A febbraio, quando sono tornata dal Giappone, mi è venuta la voglia di fare qualcosa. Una sera da Uovo, il sakè bar che avevo aperto in piazza della Repubblica, si presenta questo signore super curioso di sakè, di tipologie, di abbinamenti. Torna molte altre volte con tante domande, sempre molto attento e gentile. Mi dicono che è Dennis Zoppi, una leggenda mondiale dei cocktail. Non lo avevo riconosciuto. Abbiamo iniziato a confrontarci sul sakè, la mixology; mi portava ad assaggiare i suoi esperimenti di distillati (la sua distilleria, De Zoppi, è a due passi da piazza della Repubblica)».
Quale è stato Il processo creativo di Cipango?
«Una sera Dennis mi racconta che vorrebbe rendere liquido il sapore dell’umami. Siamo partiti dalla lavorazione del riso, con alcuni esperimenti, ed è stato davvero stimolante creare. Eravamo elettrizzati. Poi il lockdown ha fermato tutto. Se devo dire la verità, avevo anche un po’ perso lo stimolo creativo, tutti quei mesi ferma. A giugno Dennis mi chiama e mi dice “questa cosa la dobbiamo fare a tutti i costi!” Mi ha risvegliato dal torpore. Abbiamo ricominciato a studiare, a fare test su test, a selezionare gli ingredienti, un processo creativo molto bello, perché Dennis ed io pensiamo allo stesso modo e il progetto rispecchia la personalità di entrambi».
Quello del sake e dei distillati è un mondo in continua evoluzione, forse più di quello del vino. Credete ci sia spazio per altri prodotti?
«Cipango è un distillato che potremmo posizionare tra il gin e la vodka, ha gradazione europea, 40°: è ideale da solo, con ghiaccio, perfetto da miscelare con altri ingredienti. Il bello di Cipango è che anche se miscelato resta sempre il protagonista, ha un carattere ben definito e lo mantiene, al naso non si perde, è nitido. Sono interessata al food pairing e alle mille applicazioni, anche in cucina: abbinare Cipango a seconda di quello che stai mangiando, un gioco infinito. Dennis si sta occupando del lato creativo nella mixology. Secondo Dennis è un’emozionante provocazione, un po’ sfrontato e primordiale. È la prima espressione liquida della percezione Umami. Unico».
Gradazione europea
Con i suoi 40°, Cipango è un alcolico che si potrebbe posizionare tra il gin e la vodka