Didattica a distanza, Cirio vince (pure nel merito) «Ma fu scelta discrezionale»
Il Tar : «La Regione ha seguito il principio di precauzione»
Aver prescritto la didattica a distanza anche per le seconde e terze medie — contrariamente a quanto previsto per le regioni in zona arancione — è stata una scelta «indubbiamente discrezionale», ma non per questo viziata da «illogicità e irragionevolezza»: per questo, con un’articolata sentenza di 20 pagine, il Tar del Piemonte ha respinto anche nel merito il ricorso presentato da 98 genitori ed educatori, nel quale si chiedeva di annullare la decisione del presidente Alberto Cirio.
Una settimana fa, esprimendosi in sede cautelare, i giudici amministrativi avevano già dato ragione alla scelta del governatore.
«La Regione — scrivono i giudici della prima sezione del Tar (presidente Vincenzo Salamone) — ha legittimamente esercitato un potere che l’ordinamento le attribuisce in via generale in materia di igiene e sanità pubblica e, nella particolare contingenza dell’emergenza epidemiologica in corso, lo ha altrettanto legittimamente esercitato in conformità agli spazi di derogabilità ammessi dalle fonti statali per le misure contenitive di maggior rigore».
Dopodiché, teoricamente, la Regione potrebbe mantenere la didattica a distanza anche in zona gialla, «sarà onere dell’autorità regionale — spiegano ancora i giudici — valutare l’adeguatezza delle future misure in tema di modalità di svolgimento della didattica nelle scuole secondarie di primo grado». Tenendo ben presente una cosa: la Regione avrà «l’onere motivazionale aggravato per il mantenimento di misure derogatorie in pejus, specie in materia scolastica».
Altro passo della sentenza, non scontato: «Preme decisivamente osservare che l’esercizio delle discrezionalità regionale non si è poggiato sulle dibattute leggi scientifiche di copertura, allo stato mancanti all’appello, bensì si è sviluppato sul crinale dell’ormai ben noto principio di precauzione». Poiché, al momento, la scienza può offrire documentati analisi e pareri — come quelli allegati dalla stessa Regione — ma non matematiche certezze. Morale: quella di Cirio è stata una scelta legittima (in termini amministrativi), ma pur sempre politica: per un «bilanciamento (...) mirato ad assicurare un “alto livello di protezione” del diritto alla salute», ma «non sacrificando in via radicale e vulnerabile il diritto all’istruzione, bensì limitandosi a incidere sulle sue modalità di fruizione». Resta un’opzione politica: «Una scelta indubbiamente discrezionale, non vincolata dalla legge né necessitata dalle condizioni di contesto, tanto che non sarebbe stata doppiata in altri contesti regionali, senonché non può bollarsi come irragionevole o illogica, visto il solido ancoraggio logico-epistemologico al principio di precauzione e il grado di corroborazione fornita dai pareri scientifico-sanitari su cui si è basata».