«Metto in moto l’idrogeno verde»
Annalisa Stupenengo è una delle manager più influenti al mondo nell’ingegneria Alla guida di Fpt vuole far cambiare marcia al trasporto pesante. Come? Lo racconterà lei stessa oggi alle 18 in un’ intervista video sul canale Linkedin del Corriere Torino
La ragazza che voleva conoscere la storia, quella con la S maiuscola, scavando nei misteri del passato (archeologia) oppure raccontando le dinamiche del presente (giornalismo), è finita invece con lo scrivere alcune pagine del futuro della tecnologia dei trasporti. Annalisa Stupenengo, dal 2015 amministratore delegato di Fpt Industrial, la società che si occupa di sviluppo e produzione di motori industriali del gruppo Cnh, è stata inserita dal Financial Times nel club ristretto delle 100 donne più influenti nel campo dell’ingegneria hitech. Perché la top manager piemontese è il volto nuovo della rivoluzione green dei mezzi pesanti, alla guida di quelle tecnologie (trazione elettrica, e a idrogeno) che nel prossimo biennio metteranno su strada i primi camion a impatto zero. Per far cambiare strada a un settore vitale per l’economia quanto inquinante, responsabile del 25% delle emissioni di Co2. Biellese, studi classici, e una vocazione umanistica che sembrava indirizzarla verso studi archeologici o in comunicazione, Annalisa Stupenengo ha invece cambiato rotta iscrivendosi al Politecnico di Torino, ingegneria gestionale. «Mi interessava la logica della filosofia – ricorda oggi la manager - ma anche l’eleganza della fisica e della matematica. Ero, e lo sono ancora, affascinata dalle strutture nascoste che governano il reale. In un certo senso per me l’ingegneria è stato il proseguimento di quegli studi umanistici». Stupenengo si è fatta le ossa nella «filosofia» della meccanica e dei motori nel gruppo Fiat; prima nelle vendite e nel project management (in Svezia, Marocco e in Italia) fino a diventare capo degli acquisti e poi entrare (nel 2013) in Cnh. Da cinque anni è ceo di Fpt Industrial, più di 4 miliardi di ricavi e oltre 8 mila dipendenti, 10 stabilimenti e 8 centri di ricerca. E ha assunto la carica di vertice nel momento più delicato dei trasporti, nella stagione della sterzata tecnologica e della svolta green. «La nostra azienda è sempre stata all’avanguardia nello sviluppo di motori innovativi e a basso impatto. E mi riferisco al common rail, ai propulsori alimentati a metano, i tir Iveco a Lng. Il primo prototipo di trattore a idrogeno è del 2009. Oggi ci troviamo in uno scenario differente. Perché l’innovazione dei motori alternativi, elettrici e a idrogeno, è davvero pronta al decollo». Cnh è salita a bordo di Nikola, la Tesla dei camion, una startup americana (partecipata anche da Bosch, con 7 miliardi di capitalizzazione al Nasdaq) che promette di lanciar in pista tir elettrici già nel 2021 e a seguire anche quelli a idrogeno. Le disavventure del fondatore di Nikola, Trevor Milton, i cui obiettivi industriali non sarebbe stati fedeli realtà, hanno fatto precipitare il titolo in Borsa, ma non hanno rallentato lo sviluppo tecnologico dei motori. E di altri componenti chiave come gli assali elettrici, che appunto sono italiani e made in Italy. E Iveco, negli impianti tedeschi di Uhlm, produrrà i primi tir elettrici targati Nikola. «Ma non è l’unica strada che stiamo percorrendo. Nel prossimo biennio contiamo di far
circolare i primi prototipi a idrogeno. Da un punto di vista tecnologico la rivoluzione del trasporto green è in corso. Ma va resa sostenibile anche sotto il profilo economico: un pieno di H2 deve arrivare ad avere un costo competitivo equiparabile a un costo a quello del carburante tradizionale». E qui entra in gioco non tanto nostra ricerca ma soprattutto l’economia di scala». Secondo Stupenengo non siamo lontani da quel traguardo. «I tir elettrici sono pronti a correre. Ma hanno il limite dell’autonomia. E non è pensabile caricare questi mezzi di batterie quando invece dovrebbero essere stipati di merci. Le fuel cell a idrogeno sono la soluzione più efficiente per far partire la rivoluzione del trasporto pesante. Servirà anche una rete efficiente di distribuzione e ancora uno sforzo nella ricerca e lo sviluppo». La strada verso l’economia a idrogeno, promessa da Jeremy Rifkin nei primi anni duemila, sembra a portata di mano. L’unione Europea ha stanziato 180 miliardi per agevolare lo sviluppo dell’idrogeno verde. «E Torino può ambire ad avere un ruolo di primo piano». Il trasporto pesante non viaggerà solo a impatto zero. «In futuro conviveranno diverse tipologie di trazione. Il diesel non è morto. Anzi ci sarà ancora spazio per questa tecnologia, ma in una logica più pulita ed efficiente».