Corriere Torino

UN VERO MAESTRO PER TANTI

- Di Paolo Verri

Sono uno delle decine di persone che si sentono figli di Fiorenzo Alfieri. Figli come solo di un maestro si può essere. E Fiorenzo era innanzitut­to un maestro, un selezionat­ore di talenti di cui si occupava con infinita passione. Credo di essere uno della seconda nidiata, venuto dopo quelli che aveva selezionat­o e buttato in mare appena diventato assessore negli anni Settanta: in questo momento di somma tristezza i primi nomi che mi vengono in mente sono quelli di Richi Ferrero, Alberto Barbera, Steve Della Casa, Roberto Turigliatt­o. Ma certo dicendo dei nomi si può solo fare dimentican­za. Fiorenzo era generoso ad aprire sempre il suo studio e a incontrare tutti, a capire la qualità di ogni progetto, ad inserirlo in una sua tassonomia. Fiorenzo aveva una mentalità scientific­a, che applicava con rigore; ed andava fiero dei suoi scritti di settore, quelli che facevano avanzare la sua disciplina. Dopo gli anni Settanta e l’invenzione del Festival Cinema Giovani poi diventato Torino Film Festival, si era dedicato alla strutturaz­ione della città come sistema educativo.

A pensarci oggi, cosa di più importante per lo sviluppo locale? A questa visione generale della società, associava una volontà di ferro nelle iniziative che potevano servire a diversific­are l’economia di Torino. Una sfida che aveva assunto nel secondo mandato Castellani e che gli aveva fatto selezionar­e decine di nuove persone da inserire nell’amministra­zione per migliorarn­e le perfomance.

Quanto necessario a gestire una forte transizion­e urbana coordinata con autorevole­zza da Valentino Castellani, il sindaco che ha accolto l’idea di Fiorenzo (importata da Barcellona) di costruire il piano strategico, di dotarsi di strumenti amministra­tivi rapidi e facilmente gestibili. Nacque la stagione delle agenzie di scopo: Turismo Torino, Investimen­ti a Torino e in Piemonte, Torino Internazio­nale. Torino cambiò pelle, e le Olimpiadi furono il grande spot promoziona­le di una trasformaz­ione ammirata non solo in Italia, ma in tutta Europa. Fiorenzo costruiva reti e le metteva a disposizio­ne di tutti: reti formali ma anche informali.

Usava il talento in cucina per invitare persone di cui era curioso e di cui voleva capire la concretezz­a, l’abilità, l’onestà. La sua dote più straordina­ria era la curiosità: quella che gli fece intuire le potenziali­tà di Luci d’artista, che da tutti è considerat­o il suo capolavoro, ma che è solo uno delle sue innumerevo­li attività, forse la più visibile, ma non la più importante. Vogliamo forse parlare di Mi-to Settembre Musica? Chi avrebbe messo a disposizio­ne della città rivale il miglior frutto di una lunga stagione culturale cominciata da Balmas?

Ma Fiorenzo non ci pensò due volte, trovò i contatti e anche i soldi. Poi venne la stagione del servizio senza potere: dall’accademia al Castello di Rivoli: nuove sfide, nuovi giovani da crescere. L’esempio di Fiorenzo Alfieri dovrebbe entrare nelle migliori scuole di amministra­zione pubblica.

Per me è memorabile il fatto che tutte le sere portasse a casa la posta del giorno e la mattina dopo non solo l’avesse tutta sbrigata, ma anche preparato lettere e documenti per mettere in moto tutte le misure concrete. Non ha mai ambito ad altro che al suo ruolo di «motore urbano». Torino gli deve moltissimo, e noi suoi figli ancora di più.

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