«Il test rapido prima di pranzare fuori Evitare il contagio dipende solo da noi»
Se sul campionato della sua Fiorentina si dice pessimista «L’atalanta ha appena segnato il terzo gol, siamo in zona retrocessione, un guaio», l’infettivologo dell’ospedale Amedeo di Savoia, Giovanni Di Perri, confessa di avere un approccio «realista» davanti all’andamento dell’epidemia di coronavirus. «Negli ultimi giorni ci sono state molte polemiche, osserviamo anche parecchia disgregazione sul comportamento da tenere, quel che mi auguro è che ci sia più collaborazione di quella che traspare da parte di tutti». Professore, eppure a vedere le cartoline dalla città del fine settimana non sembra così. Strade e parchi sono pieni, come i ristoranti. Molti dicono di essere al completo. Intanto è iniziata la corsa ai biglietti di treni e aerei. E sappiamo che negli ambienti chiusi è più facile contagiarsi. Di questo passo, il Piemonte andrà a sbattere in una terza ondata come teme il prefetto di Torino, Claudio Palomba?
«Se si fanno assembramenti in luoghi senza un adeguato ricircolo d’aria, senz’altro. Ma io spero che non accada, che gli assembramenti all’esterno non si ripetano in luoghi chiusi. Ormai dovremmo aver capito come si trasmette il virus, per questo so che qualcuno si sta anche attrezzando per sottoporre a test rapido i clienti prima di farli entrare, che io mi aspettavo diventasse la regola per tutti». L’unità di crisi non l’ha ascoltata?
«Il tema era nazionale». Lei comunque consiglia il test rapido?
«Sì, soprattutto prima di andare al ristorante, magari anche in base alla circolazione del virus in quei giorni. Così come suggerisco di usare la mascherina filtrante sui mezzi pubblici».
Un’idea ambiziosa: il test rapido costa almeno trenta euro, difficile pensare che molti siano disposti a effettuarlo ogni volta che escono a pranzo, non pensa?
«Magari i soldi per i monopattini si potevano investire su questo capitolo. Credo che dei margini di manovra ci fossero». Emilpaolo Manno, a capo dell’unità di crisi, immagina una ipotetica terza ondata dell’epidemia tra fine gennaio e febbraio. Concorda?
«Stiamo assistendo a una discesa della curva della seconda ondata molto lenta, quindi io credo che dovremo valutare bene come definire la terza ondata. Una terza ondata vera e propria o una ripartenza della seconda? Penso
che il problema sia più semantico, perché ahimè abbiamo già visto come vanno le cose: da maggio a ottobre ci sono state delle aperture graduali e poi, a inizio autunno, è capitato quel che è capitato. Insomma, se in una situazione così qualcuno ha capito come si deve comportare, meglio. Tutto dipende dalla coscienza individuale che, mi auguro, si sia diffusa il più possibile». Eppure sabato, in centro a Torino, si vedevano ragazzi chiacchierare con la mascherina abbassata. Sono tra quelli che non hanno capito?
«Evidentemente sì. Ma lo ripeto: la prevenzione del 90 per cento dei contagi dipende da come ci comportiamo. Anche perché i controlli ci possono essere, ma non mi sembra siano asfissianti. Molto è davvero affidato a noi». E della possibilità di potersi spostare a Natale o fare pranzi più grandi, che cosa ne pensa? Qualcuno è d’accordo, qualcuno no. E lei?
«Più ci sono occasioni di incontro più si rischia, per questo io mi sottoporrei a un test rapido in prossimità del pranzo, per essere sicuro che nessun presente sia positivo». E quando si va a casa di altri, per lo scambio di auguri, meglio tenere la mascherina?
«In ogni occasione, quando non ho la certezza della condizione delle persone che ho davanti, io la indosso». All’amedeo di Savoia, come sta andando?
«Noi siamo specializzati in malattie infettive, dunque saremo pieni di pazienti fino all’ultimo giorno dell’epidemia. La curva di contagiati e ricoverati scende lentamente. È l’effetto del lockdown solo parziale che abbiamo vissuto nelle ultime settimane e che si riflette anche sul numero dei decessi, purtroppo ancora alto. Molte persone nella fascia 65-84 anni si sono infettate a fine settembre e ancora oggi ne paghiamo le conseguenze».
Salute e mobilità I soldi per i monopattini si potevano investire sui test, credo che dei margini ci fossero I controlli Non mi sembra siano asfissianti, molto è davvero affidato a noi Terza ondata Forse sarà solo la ripartenza della seconda Penso che il problema sia forse più semantico