Cristina Di Bari, l’imprenditrice che insegna il sociale ai top manager «Al campus Cottino il no profit fa scuola»
«La filantropia oggi è la capacità di trasformare la società, di generare sviluppo e di produrre valore. È anche attenzione e sensibilità alle sfide sociali contemporanee e del prossimo futuro con una visione ampia, di lungo periodo, inclusiva e interconnessa. È il superamento di un’ottica emergenziale, temporanea, assistenziale, di breve termine». Classe 1963, Cristina Di Bari è amministratore unico della Tras.ma Spa (azienda di famiglia specializzata nei trafilati per cavi elettrici) ed è vice presidente della Fondazione Giovanni e Annamaria Cottino e del Cottino Social Campus. Da settimana scorsa è anche consigliere d’amministrazione della Fondazione Luigi Einaudi Onlus. «La Fondazione Cottino è nata nel 2002 per volontà dei miei zii Giovanni Cottino e Annamaria Di Bari sulla base di un ideale di restituzione che tenesse in conto i bisogni delle persone più fragili. Sin dall’inizio il fondatore ha consegnato a noi nipoti il ruolo di governance e a me in particolare la parte gestionale e di strategia. Ho imparato sul campo». Il progetto Cottino Social Impact Campus è il primo in
Europa e Italia dedicato allo sviluppo della cultura dell’impatto sociale. Si rivolge a manager e imprenditori, policy maker del terzo settore e studenti, offrendo percorsi di formazione attraverso la piattaforma digitale Impactwise Channel. È inoltre aperta la call IPLAB rivolta alle Pmi del territorio. C’è all’orizzonte un nuovo progetto che vale un investimento da 6,5 milioni di euro: «La costruzione del Cottino Learning Center con il Politecnico di Torino, un edificio di circa 4mila metri quadrati nel cuore della Cittadella del Politecnico, progettato con il Masterplan di Polito. Valorizzerà l’asse storico parallelo ai corpi delle Ogr. Sarà la casa del Cottino Social Impact Campus e teatro di programmi, laboratori e percorsi formativi per studenti, manager, imprenditori, organizzazioni private e istituzioni proponendosi quale nuovo modello educativo culturale con forte ricaduta sul territorio. Ritengo sia l’iniziativa che meglio interpreta la matrice valoriale give back e gli imprinting distintivi che la nostra Fondazione vuole realizzare».