Corriere Torino

Risotto ai porri, buonissimo Non per la povera Gemma

- di Gianni Farinetti

Carissimo Direttore, sono la sua Annina. Sa che ci siamo prese un grosso spavento l’altra sera? È andata così: per cena Gemma ha cucinato un risotto ai porri, buonissimo ma un po’ pesante. Poi abbiamo guardato un po’ Mentana e Gruber in tv e poi a nanna. Sentivo che Gemma si alzava in continuazi­one, sbuffava, andava in bagno, tornava a letto e poi si alzava di nuovo. Dopo un po’ mi sono alzata anch’io e ho trovato la nonna e Gemma in cucina e Gemma che si lamentava: «Ma cos’hai?», «Un bruciore di stomaco tremendo, sento i porri che mi arvengono». Cioè che le tornavano su. «Nonna, tu come ti senti?», «Io benissimo, e tu, hai digerito?», «Sissì, oddio, un po’ pesante il risotto». Gemma è sbottata: «Come sarebbe, il mio risotto è sempre delicatiss­imo!» La nonna le ha versato della tisana: «Be’, delicatiss­imo, poi…», «Ecco, adesso capaci che mi dite che non so più cucinare». Ma di colpo è diventata bianca come un cencio: «Oh, mariavergi­ne, muoio!», «Cosa dici? Cosa ti senti?». Lei si picchietta­va l’addome con aria drammatica: «Un peso qui, ommi ommi, l’infarto come la povera zia Antonietta, ti ricordi?, un momento prima era lì che spaccava la legna, a 97 anni si ostinava a tagliare la legna, e un momento dopo, oplà, bell’e morta sotto il portico», «Ma smettila, su», «No, no, muoio, stavolta ci resto. Oh, madresanta». Allora la nonna ha preso il telefono e ha composto un numero. «Ma a chi telefoni?», «Al dottor Valesano». «A quest’ora? Lo disturbiam­o». Dopo un secondo il dottore ha risposto. La nonna si è scusata per l’ora e ha spiegato la faccenda. Il dottore, che è un amico e una persona deliziosa, si è scusato lui, era a Torino e non poteva venire, però ha consigliat­o di fare subito un elettrocar­diogramma e che chiamava lui l’ambulanza. Gemma è saltata su: «L’antumbulan­za?! Allora sono grave!», «Dài, tirati su», «E cosa mi metto? Mica posso andare con la camisa da not! Mi hanno mai vista andare in giro patanuta». Gliela faccio breve, Direttore: le abbiamo infilato una tuta di lana bella spessa, calzettoni, le pantofole a quadretti con la zip e dalle finestre ho visto la luce blu dell’ambulanza in arrivo nel cortile. In un attimo abbiamo caricato Gemma sul mezzo e lì c’era il suo amico Claudio che fa il volontario per la Croce Rossa: «Ma sai, mi è preso uno sciupùn. Dimmi che non muoio, Claudio, dimmelo», «Ma no che non muori», «No, no, sento che è la mia ora, povra dona, lascio quelle due da sole, come faranno senza di me, come!». Le hanno messo un plaid di plastica dorata mentre io e la nonna siamo salite in macchina per seguire l’ambulanza e in quaranta minuti eravamo al Pronto Soccorso dell’ospedale di Mondovì. Un momento dopo Gemma è stata ricoverata. Ci siamo sedute in una saletta guardandoc­i intorno. Naturalmen­te i malati di Covid sono in un reparto protetto in un’altra parte dell’ospedale, ma anche in questo non stanno di certo con le mani in mano. Medici e infermieri si muovono efficienti ma si vede che sono stanchi. Abbiamo chiacchier­ato un momento con un’infermiera che ci ha detto che non vogliono essere chiamati eroi, fanno soltanto il loro lavoro, e lo fanno molto bene. Dopo un po’ è arrivata un’altra infermiera simpatica e ci ha detto che era tutto a posto: stumiera, cioè indigestio­ne perché Gemma ha confessato che dopo il risotto si è sbafata di nascosto un’intera stecca di Toblerone. La scema. Al dottor Valesano abbiamo poi regalato un cesto natalizio grosso così.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy