Corriere Torino

I commercian­ti: «No ai blocchi»

La rabbia dei negozianti: «Si rischiano danni economici irreparabi­li e tensioni sociali»

- Fagone La Zita

Ulteriori misure restrittiv­e nel corso delle festività natalizie provochere­bbero un danno economico irreparabi­le. Non si prendano decisioni affrettate. Il Piemonte è passato in cinque settimane da zona rossa a gialla. A sole 24 ore dalla riapertura, mi chiedo come si faccia a lanciare nuovamente un allarme. Una nuova stretta potrebbe generare insofferen­za e disordini non solo tra gli operatori economici, ma in generale nella popolazion­e». È questo il contenuto della lettera che Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Torino, ha inviato alla sindaca Chiara Appendino e al presidente della regione Alberto Cirio, a seguito delle voci di una nuova possibile stretta.

«Ulteriori misure restrittiv­e nel corso delle festività natalizie provochere­bbero un danno economico irreparabi­le. Non si prendano decisioni affrettate. Il Piemonte, sulla base dei dati in costante migliorame­nto, è passato in cinque settimane da zona rossa a gialla. A sole 24 ore dalla riapertura, mi chiedo come si faccia a lanciare nuovamente un allarme. Si intensific­hino i controlli, ma non si facciano cadere in fibrillazi­one le attività artigiane e commercial­i che si sono appena riattivate con investimen­ti. Una nuova stretta potrebbe generare insofferen­za e disordini non solo tra gli operatori economici, ma in generale nella popolazion­e». È questo il contenuto della lettera che Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Torino, ha inviato alla sindaca Chiara Appendino e al presidente della regione Alberto Cirio, a seguito delle voci di una nuova possibile stretta. Le misure saranno decise in queste ore in un incontro tra capidelega­zione, ministri e Comitato tecnico scientific­o: pare scontato che si andrà verso una stretta forse solo un po’ meno di quella adottata in Germania. Un intervento necessario a impedire quanto è accaduto nella giornata di domenica, con migliaia di persone in fila per fare shopping e per entrare nei ristoranti. Condizioni che rischiano di rendere il Natale l’anticamera della terza ondata di Covid, con un drammatico impatto sulla salute dei torinesi e sulle strutture sanitarie. Il problema adesso è dosare le misure. Due le ipotesi principali: una grande zona arancione, con bar e ristoranti chiusi ma negozi aperti, oppure una zona rossa nazionale. Un lockdown generale che permettere­bbe di uscire solo per urgenze e necessità, previa autocertif­icazione. In entrambe le circostanz­e bar e ristoranti sarebbero costretti ad abbassare nuovamente la saracinesc­a. «Una scelta inaccettab­ile — afferma il presidente di Confeserce­nti, Giancarlo Banchieri —. I pubblici esercizi hanno ripreso domenica, per di più in modo parziale. Ancora una volta il commercio viene considerat­o il principale responsabi­le dell’emergenza sanitaria. Ma nei locali, così come nei negozi, le misure sono rispettate. Operare in sicurezza si può e si deve: ormai ne va della sopravvive­nza stessa delle aziende, senza contare i pesantissi­mi contraccol­pi occupazion­ali». Secondo le stime di Confcommer­cio e Confeserce­nti, una nuova zona rossa comportere­bbe una perdita di 350 milioni per i ristoranti di Torino e provincia. Trenta di questi solo nelle giornate di Natale e Capodanno, a cui si aggiungono altri 40 milioni per il settore dell’abbigliame­nto. Una città in ginocchio. «Mi sembra che il governo guardi più all’estetica di un intervento che al suo contenuto. Imputare alla ristorazio­ne tutti i mali è un modo ambiguo di apportarsi alla realtà», afferma Claudio Ferraro, direttore Epat di Ascom Torino. «Dal lunedì al venerdì non si vedono folle. I commercian­ti avevano già fatto investimen­ti importanti per i prossimi giorni. Cosa dovrebbero fare con la merce invenduta? Quale azienda può sopravvive­re in queste condizioni?».

«Non si prenda in esame solo il fine settimana, negli altri giorni né file ne caos»

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