Corriere Torino

Si guadagna poco, Crollano gli stipendi

Non solo Milano, si guadagna di più anche a Parma e Piacenza Il tessuto produttivo genera fortune nel biotech, non nei servizi

- Christian Benna

Gli stipendi in Italia sono fermi da vent’anni. Ma a Torino la busta paga addirittur­a si è sgonfiata. E sembra non tenere il passo (seppure lento) con il resto del Paese. La terza città della Penisola per numero di abitanti è solo 12esima nella classifica degli stipendi. Il che stride per il peso specifico industrial­e e tecnologic­o del territorio. Eppure la distanza di reddito che separa il capoluogo dalle altre città italiane comincia a essere rilevante. A Torino il salario medio corrispond­e a circa 31 mila euro l’anno. Quattromil­a euro in meno rispetto a Milano. Tanto, ma non tantissimo. Stupisce invece il distacco che si è creato con altre zone del Paese. Si guadagnano mille euro in meno rispetto a Bologna.

Gli stipendi in Italia sono fermi da vent’anni. Ma a Torino la busta paga addirittur­a si è sgonfiata. E sembra non tenere il passo (seppure lento) con il resto del Paese. La terza città della Penisola per numero di abitanti è solo 12esima nella classifica degli stipendi. Il che stride per il peso specifico industrial­e e tecnologic­o del territorio. Eppure la distanza di reddito che separa il capoluogo dalle altre città italiane comincia a essere rilevante. A Torino il salario medio corrispond­e a circa 31 mila euro l’anno. Quattromil­a euro in meno rispetto a Milano. Tanto, ma non tantissimo, consideran­do l’alto costo della vita del capoluogo lombardo.

Stupisce invece il distacco che si è creato con altre zone del Paese: un torinese, in media, guadagna duemila euro in meno in busta paga rispetto a un abitante di Trieste o di Bolzano. Mille euro è la distanza di reddito che c’è con Genova, Bologna e Roma.

Si guadagna di più, anche se di poco, persino nei comuni di provincia, dove il costo della vita non è certo superiore a quello di Torino; come Parma, Piacenza e Varese . La geografia degli stipendi che inchioda il Nord Ovest a metà classifica (il Piemonte è appena settimo in Italia e perde una posizione rispetto al 2019 superato dal Friuli Venezia Giulia) è stata stilata da Job Pricing, l’osservator­io che fai conti in tasca ai redditi degli italiani. Come tutte le classifich­e statistich­e, ricordando il pollo di Trilussa, va presa con le molle. Perché il Piemonte che frena sui salari, resta una roccaforte del risparmio e delle grandi fortune: la ricchezza finanziari­a dei cittadini ammonta a 115 miliardi. E sono più di 68 mila le famiglie che hanno liquidità superiori a 500 mila euro. Secondo la lista dei miliardari di Forbes nella top ten dei patrimoni italiani ci sono due piemontesi. Giovanni Ferrero con 27 miliardi, che è il 50 esimo uomo più ricco del mondo. E Gustavo Denegri (Diasorin), la cui fortuna è balzata da 1 a 5 miliardi in cinque anni, 465esimo nella classifica di

Forbes. Nutella e biotecnolo­gie, ecco dove oggi si genera ricchezza. A cui andrebbe aggiunta l’auto della galassia Elkann - Agnelli.

Tre paperoni italiani su dieci vivono in Piemonte. E fanno correre gli affari. Con i rispettivi business. Eppure il valore aggiunto delle industrie del territorio, dal tessile alla meccanica fino ai servizi, sembra non tradursi in salari competitiv­i.

Come è possibile? Il nodo è allo studio degli economisti del lavoro. E dovrebbe essere nelle agende della politica. Soprattutt­o in una città come Torino che si candida a capitale delle nuove tecnologie e a polo attrattivo di talenti.

Ma con questi salari medi diventa complesso, se non impossibil­e, competere con le altre regioni europee. A meno che non si scelga la strada del low cost come stella polare dell’attrattivi­tà del territorio. In genere gli stipendi non si sbloccano per due ordini di motivi: il costo del lavoro aumenta ma non cresce la produttivi­tà. In pratica il lavoro espresso dal tessuto produttivo non genera alta redditivit­à. E non lo fa perché, spesso, mancano gli investimen­ti in formazione e tecnologia che potrebbero rendere quel lavoro più competitiv­o.

Il fenomeno diventa chiaro se si guarda dentro la busta paga sempre più magra dei piemontesi.

A guardare la cartina tornasole dei salari si scopre che in Piemonte il valore aggiunto prodotto per addetto, la componente che genera redditivit­à, è ancora molto basso. Lo stima l’istat mettendo a confronto retribuzio­ni con valore aggiunto.

In Lombardia uno stipendio da 35 mila euro genera un valore pari a 57 mila euro. In Trentino 53 mila, nel Lazio 51 mila, in Emilia 50 mila. In Piemonte 27 mila di stipendio generano 48 mila. Guadagniam­o troppo poco? O non siamo più capaci di produrre ricchezza?

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Ai vertici Nella foto in alto Giovanni Ferrero e a destra Gustavo De Negri

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