Natale caldo dei No Tav, proteste nei Comuni e durante il processo
La ministra De Micheli: «L’opera sarà pronta per il 2032»
Il ritorno della guerriglia a colpi di sassi e bombe carta attorno al cantiere di Chiomonte è l’annuncio di un periodo prenatalizio che si annuncia particolarmente movimentato. I lavori di ampliamento iniziati la scorsa settimana hanno avuto l’effetto di rianimare la protesta No Tav, dopo il letargo forzato dovuto al Covid e all’emergenza sanitaria. E gli appuntamenti in programma sono già molti.
Per il momento l’attenzione è puntata soprattutto su Roma, dove ieri c’è stata l’audizione della ministra delle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli alle commissioni congiunte di Senato e Camera.
«Se il contratto di programma viene registrato nei primi sei mesi del 2021 — ha affermato la ministra — la Tav verrà conclusa nel 2032». Una dichiarazione che ha scatenato la reazione del movimento No Tav e la denuncia un altro ritardo di tre anni (in realtà sarebbero due, ndr): «Il cronoprogramma dei lavori approvato dal Cipe prevedeva la partenza dei cantieri principali nel 2017 e l’entrata in esercizio del tunnel a fine 2029. Oggi la ministra ha ammesso ufficialmente che tale data deve essere posticipata. Inoltre non è in grado di dimostrare il finanziamento francese dell’opera e ha ammesso che il finanziamento europeo non è attualmente disponibile in quanto ancora oggetto di “negoziazione” con l’unione Europea. A noi, in verità, risulta che i contributi europei non siano oggetto di “negoziazione” ma di assegnazione su bandi competitivi».
La ministra ha poi corretto il tiro precisando che un cronoprogramma preciso ci sarà solo dopo l’approvazione del contratto di programma. Ma soprattutto dopo l’affidamento dei lavori alle imprese.
Una procedura che, per la parte francese è prevista nei primi sei mesi del prossimo anno, mentre per il versante italiano è in programma nel secondo semestre. Inoltre la scadenza fornita dal direttore generale di Telt Maurizio Bufanlini per il completamento della sezione transfrontaliera della Torino-lione resta il 2030, ma perfino il Si Tav Mino Giachino ha parlato di «due anni persi» addossando le principali responsabilità ai tentennamenti di Pd e M5S.
Proprio sulla bozza di contratto di programma il movimento No Tav affila le «armi» legali, con l’avvocato Massimo
Bongiovanni che durante l’audizione pubblica ha sollevato la questione di una presunta illegittimità dovuta a un errore nei riferimenti normativi. Lo schema, tuttavia, ha già superato il vaglio del Cipe e, almeno per il momento, sta seguendo l’iter previsto nelle commissioni parlamentari.
De Micheli ha anche condannato le violenze in Val di Susa: «Nessuna ragione contraria può giustificare un atto violento», aggiungendo che sulle opere compensative «ci sono forti aspettative da parte delle comunità locali».
Non la pensa allo stesso modo Alberto Perino, leader storico degli oppositori alla Torino-lione, che ha invitato tutti i No Tav a manifestare sotto i balconi dei Municipi della Val Susa venerdì pomeriggio, alle 14, quando in video collegamento con la prefettura i sindaci coinvolti affronteranno lo scottante tema delle compensazioni: «È bene che si ricordi a chi è stato eletto con i nostri voti che non esistono compensazioni accettabili. La nostra valle non si compra».
Il giorno prima, a Torino, è in programma un presidio di fronte al Tribunale di Torino in occasione dell’udienza dell’appello bis per il maxi-processo ai No Tav, ma nei giorni successivi la protesta si potrebbe spostare anche in altri comuni della Val Susa: «A San Didero vogliono costruire un fortino, un bunker per le forze dell’ordine da 5 milioni di euro — spiegano i vertici del movimento —. E a Salbertrand Telt pagherà con i soldi nostri la bonifica di un terreno inquinato da privati. No va bene, bisogna ragionarci su e far sentire la nostra voce».
Le compensazioni
Sui fondi che spettano alle amministrazioni la risposta è: «La Valle non si compra»
L’appello bis
Prevista una manifestazione davanti al tribunale durante il maxi-processo