In mostra il mondo di Alessandri
Il ricordo on line per l’artista scomparso 20 anni fa, aspettando il museo a Giaveno
Fondatore nel 1964 del gruppo Surfanta (acronimo di surrealismo e fantasia) con gli amici Abacuc, Colombotto Rosso e Ponte Corvo, Lorenzo Alessandri è stato protagonista di una stagione particolarmente originale dell’arte e della cultura torinese. Pittore prolifico e di grande successo internazionale, oggi dimenticato da troppi ma amatissimo da cultori e appassionati, «è tuttora capace di affascinare per il mistero e l’inconoscibile che aleggiano nelle sue opere, per gli interrogativi e gli enigmi che sempre pongono». Così Concetta Leto, docente di lettere laureata in Estetica illustra l’opera di un artista dominato da una fantasia «macabra e sfrenata». È lei, molto vicina ad Alessandri negli ultimi anni di vita, a curare la mostra online Le lune di Alessandri, meritoriamente sostenuta dal Consiglio regionale. È un omaggio, nel ventennale della morte, all’artista nato a Torino nel 1927 e scomparso a Giaveno nel 2000.
Fondatore nel 1964 del gruppo Surfanta (acronimo di surrealismo e fantasia) con gli amici Abacuc, Colombotto Rosso e Ponte Corvo, collezionista di arte tibetana, Lorenzo Alessandri è stato protagonista di una stagione particolarmente originale dell’arte e della cultura torinese. Pittore prolifico (con oltre tremila opere realizzate) e di grande successo internazionale (con mostre da Londra a Parigi agli Stati Uniti), oggi dimenticato da troppi ma amatissimo da cultori e appassionati, «è tuttora capace di affascinare per il mistero e l’inconoscibile che aleggiano nelle sue opere, per gli interrogativi e gli enigmi che sempre pongono». Così Concetta Leto, 50 anni, docente di lettere laureata in Estetica con Marzio Pinottini, illustra l’opera di un artista dominato da una fantasia «macabra e sfrenata». È lei, molto vicina ad Alessandri negli ultimi quattro anni di vita, a curare la mostra online Le lune di Alessandri, meritoriamente sostenuta dal Consiglio regionale del Piemonte. È un omaggio, nel ventennale della morte, all’artista nato a Torino nel 1927 e scomparso a Giaveno nel 2000. Proprio nella cittadina, suo buen retiro per oltre cinquant’anni, ha sede il Museo Alessandri la cui apertura, attesa per lo scorso maggio, è rimandata a causa della pandemia. Ma, assicura la Leto, «tutto è pronto e speriamo di aprire in primavera». Conterrà le cento opere donate dalla compagna Dina Foppa, oltre all’archivio privato dell’artista.
Intanto, la mostra guida il pubblico, attraverso nove filmati, in un percorso cronologico condotto dalla curatrice attraverso cicli pittorici, dal suo primo studio, battezzato la Soffitta macabra (1944), fino all’ultima serie di opere, Hotel Surfanta (1981-95).
«Non intendo spiegare ciò che lo stesso Alessandri non voleva spiegare, ma cerco di fornire qualche strumento di decodificazione. Nonostante ciò che si è detto e scritto, Alessandri non ha nulla a che vedere con la magia nera e l’occultismo. La sua è un’indagine interiore dell’uomo e delle sue ombre, di conoscenza dell’essere attraverso vizi e virtù, mostri e bellezza». Non a caso, le sue opere sono state protagoniste in mostre curate da Vittorio Sgarbi, suo estimatore e collezionista, come Museo della Follia e Il Male. Esercizi di pittura crudele ,a Stupinigi nel 2005.
«Alessandri si rifugiò a Giaveno, lontano dal caos cittadino, per dedicarsi completamente alla sua pittura e a una ricerca appartata, seppure di grande successo anche commerciale, soprattutto tra 1964 e 1977. Allergico a vincoli e limitazioni, non si legò mai a mercanti, nonostante le offerte di galleristi importanti come Carlo Cardazzo. Rifiutò ogni moda, perseguendo una pittura come “fuoco interiore”, una “pittura pittura” in contrasto con ogni astrattismo e poverismo allora dominante. E così proseguì per tutta la vita».
In mostra, sono alcune delle sue opere più significative: le piccole tavole, ricche di dettagli ed effetti luminosi, sul modello dell’amata pittura fiamminga, e le grandi opere delle Doppie del 1966, donne gigantesche che paiono anticipare la pittura iperrealista. Ci sono gli autoritratti e gli aeroplani, la serie delle Veneri Surfanta e opere assai apprezzate dal mercato, come L’albero delle bambole e Il miracolo della Bambola Giovanna, dei primissimi anni Sessanta. Le lune suggerite dal titolo della mostra sono molte, e fonti di costante ispirazione attraverso i decenni. Per Alessandri la luna è la rappresentazione della donna, motivo primigenio e linfa di creazione. Ma molte delle sue opere sono «notturni», privati dell’illuminazione del giorno: «Il chiarore lunare corrisponde al momento del fervore fantastico, in cui la mente si libera alla creatività», spiega Concetta Leto. «È proprio di notte che Alessandri passeggiava, alla ricerca di suggestioni e inseguendo l’ispirazione».