Ultimatum di Pininfarina: 75 ricollocazioni e nuova buonuscita
L’azienda arriva a 20 mila euro di incentivo all’esodo. Fim: proposta da non sottovalutare. Fiom: un ricatto
Settantacinque ricollocazioni e 20 mila euro di buonuscita come incentivo all’esodo. È questa l’ultima proposta del gruppo Mahindra per i 117 ingegneri di Pininfarina Engineering, operativa dal 2018 e messa in liquidazione un mese fa. Trenta rientrerebbero nella «casa madre» di Cambiano, mentre gli altri 45 sarebbero occupati in un’altra azienda satellite del Torinese. Resterebbero esclusi 42 lavoratori, a cui sono stati offerti 4 mila euro in più rispetto all’ultimo incontro. La società aveva comunicato che la partecipata non era più ritenuta strategica il 2 novembre, avviando la procedura di licenziamento collettivo per cessata attività. Una decisione maturata dopo il passivo registrato negli ultimi due esercizi, dovuto al pessimo andamento del mercato automobilistico aggravato dalla pandemia.
Inizialmente i posti di lavoro a rischio erano 135, scesi poi a 117 per via di alcune dimissioni tra posizioni dirigenziali e dipendenti legati alla pensione. Ma il numero resta superiore alle possibilità di collocazione che il gruppo Mahindra — multinazionale indiana che da qualche anno è proprietaria dello storico marchio automotive torinese — mette sul piatto. L’azienda ha già fatto sapere che non ci saranno ulteriori aperture. I sindacati si incontreranno questa mattina con i lavoratori per decidere se accettare: la risposta è attesa entro domani, quando scadranno i 45 giorni della fase sindacale. «Salvare 75 posizioni non è un cattivo risultato — afferma Arcangelo Montemarano, delegato della Fim Cisl — grazie alla cassa integrazione ci sarebbe il tempo per trovare una soluzione per gli esclusi. Non è una proposta da sottovalutare». Durante la riunione di ieri i dipendenti hanno deciso di scioperare per 8 ore, con un presidio in piazza Castello. «La Regione è vicina ai lavoratori della Pininfarina — ha dichiarato l’assessore regionale al Lavoro, Elena Chiorino — da parte nostra garantiamo il massimo supporto». Prima dell’incontro era stato lo stesso arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, a scendere in campo con una lettera al presidente della regione Alberto Cirio: «Auspico che si trovi una soluzione concreta per tutti. Il lavoro è il primo diritto fondamentale da salvaguardare, ne va della dignità della persona e della sua famiglia». Meno positivo Ugo Bolognesi, della Fiom Torino: «Siamo lontani dalla fine della vicenda, si parla di un’azienda storica e di ingegneri altamente qualificati. Questa proposta è un’ingiustizia — ha aggiunto — non si affronta così una crisi. L’azienda non ha mai cercato un percorso condiviso, sta seguendo un suo progetto. Non si parla più di una cessazione dell’attività, ma di una riformulazione alle condizioni dell’azienda. Con questo ultimatum i lavoratori sono messi spalle al muro, è un ricatto».
L’arcivescovo Nosiglia
«Il lavoro è un diritto da salvaguardare, ne va della dignità della persona»