Corriere Torino

Il fotografo delle comete (che a Gabetti non piacevano)

Da venti anni Sisto Giriodi «colleziona» le stelle che decorano il Natale «Per Gabetti è sacrilego »

- Di P. Coccorese

Ainseguire le stelle comete c’è il rischio di inciampare in un gradino o in una critica inaspettat­a. «Quando ricevette la mia cartolina natalizia, Gianluigi Gabetti, che allora abitava ancora in via Sacchi, si arrabbiò e mi accusò di essere sacrilego. Pensava che non avessi il giusto rispetto per la festività. Non aveva gradito quel verso della canzone di Neil Young che abbino ogni volta al mio scatto». May be a Star of Bethlehem wasn’t a star at all. Ovvero, «forse la stella di Betlemme/non era affatto una stella». Un equivoco che l’architetto e professore del Politecnic­o, Sisto Giriodi, ha deciso di esplorare da 20 anni per fare gli auguri alle persone care. In un modo speciale e, per colpa di Instagram e dei social, passato di moda. Dall’inizio del Duemila, amici, conoscenti e colleghi, nei giorni precedenti il 25 dicembre, ricevono una busta con una fotografia. Rappresent­a sempre la stessa cosa. Una stella cometa. Ogni volta è diversa, ma non è mai vera.

Come un moderno Re Magio, Giriodi rincorre anche lui la sua striscia luminosa nel cielo. Ma non c’è nulla di sacro o paranormal­e perché è evidente che sono sempre astri artificial­i, posticci, anche un po’ dozzinali. Quella scelta per il Natale del 2015 risplende nell’oscurità. Ma il merito è di una collana di Led. Quella di tre anni prima, non brilla neanche. È una decorazion­e di un mosaico di piastrelle blu. Mentre quella scelta per la card di quest’anno è fatta di plasticacc­ia e non ha neanche quel tocca artistico. È fissata sulla capanna di legno di un presepio, tra rami di conifera. «La foto, però, viene dal mio archivio. E non l’ho scattata quest’anno. Per colpa del Covid, mi sono accorto che sono quasi sparite le luminarie e le decorazion­i natalizie in città», spiega Giriodi. Ma il fotografo delle comete non si è perso d’animo e ha aperto il suo archivio. In vent’anni ha raccolto centinaia di scatti che rappresent­ano il simbolo principale del Natale. Lo ha ritratto, prima in pellicola e poi con l’iphon, in ogni possibile versione. Grande, piccola, luminosa o di cartone. C’è anche quella riflessa in una vetrina di un negozio, decorata per la solita corsa ai regali.

Ogni anno Giriodi stampa e imbusta 150 cartoline di augurio per parenti, colleghi del Politecnic­o, architetti (tra i più in voga in città). Nella lista dei destinatar­i non ci sono politici. E Gianluigi Gabetti, lo scomparso manager, era il più famoso.

Per stare dietro alle tante stelle, Giriodi ha fatto più di un’acrobazia. Rincorrend­o oggetti «già visti» che però sono simbolo di felicità. «La cometa illumina il cielo nella notte più lunga dell’inverno. È una presenza rassicuran­te — spiega —. E per Ghirri e Celati, il compito della fotografia è proprio consolarci». Così, si chiude un cerchio su queste immagini volutament­e artigianal­i. Opere che ambiscono a essere artistiche, anche se non sono il risultato di lunghe e ricercate inquadratu­re. Non sono frutto di lunghi appostamen­ti. Ma sembrano catturate durante una camminata. «Mi ricordano le luci nella notte buia delle Langhe di una volta. Quelle che incontravo sulla strada verso casa che percorrevo per andare a festeggiar­e il Natale con i mei cari».

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● Il dono è accompagna­to da un verso della canzone di Neil Young: May be a Star of Bethlehem wasn’t a star at all. Ovvero, «forse la stella di Betlemme/non era affatto una stella» ● Come un moderno Re
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Magio, Giriodi rincorre anche lui la sua striscia luminosa nel cielo. Ma non c’è nulla di sacro o paranormal­e perché è evidente che sono sempre astri artificial­i, posticci, anche un po’ dozzinali
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