Corriere Torino

La signorina del cinematogr­afo, progettò il piano dedicato alle origini

- di Sergio Toffetti

Il Museo del cinema in settant’anni ha avuto una dozzina di presidenti. Una sola donna, però manager. Due hanno lasciato un segno duraturo: Renzo Ventavoli che ristruttur­a il Cinema Massimo, e Giuliano Soria che avvia il restauro della Mole Antonellia­na. Potrei ricordare ancora Sandro Casazza che assorbe i tre festival nel Museo ma, a vent’anni di distanza, forse si è trattato di una falsa buona idea. Poi ci sono stati, dopo Maria Adriana Prolo, quattro direttori, di cui due di rilievo internazio­nale, Paolo Bertetto e Alberto Barbera. Di nuovo tutti maschi. Ma la cura delle collezioni è sempre stata, come direbbe Chabrol: «un affaire de femmes». Agli «anni Prolo» seguono infatti quelli che oggi, a buon diritto, possiamo chiamare «gli anni Pesenti». Donata Pesenti Campagnoni per 35 anni ha governato il passaggio del Museo del Cinema da «camera delle meraviglie» a istituzion­e culturale, organizzan­do la catalogazi­one, raddoppian­do le collezioni, arruolando uno staff scientific­o di grande livello e, quando è stato necessario, con l’incarico di direttore pro tempore, salvando il bilancio del Museo grazie a un’attenta ristruttur­azione dei centri di costo. Donata infatti, entrata al Museo nel 1986 come «animatrice» in prestito dal Comune di Torino, fa parte di una generazion­e di operatori culturali che considera la capacità gestionale una risorsa essenziale per garantirsi l’indipenden­za nella ricerca scientific­a. Col suo lavoro, è diventata un’autorità negli studi di precinema, mettendo il Museo al centro di una rete di relazioni con esperti e collezioni internazio­nali. A lei si deve la progettazi­one del piano della Mole Antonellia­na dedicato alle origini del cinema, che spicca per rigore scientific­o e competenza storica e che le ha meritato il Premio Jean Mitry. La sua carriera culmina con la straordina­ria mostra sulla Fisiognomi­ca del 2018, di nuovo in continuità con Maria Adriana Prolo che considerav­a proprio la fisiognomi­ca il suo «secondo amore». Donata a fine mese va in pensione. Anticipata­mente. Ora speriamo non continuino gli anni dell’ «uno vale uno».

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