Corriere Torino

Sci senza pace: «Diteci quando riapriremo»

«Aprire dopo la metà di gennaio non avrebbe senso»

- Di Floriana Rullo

Stiamo subendo molti danni. E non abbiamo nessuna certezza sull’apertura degli impianti sciistici. Questa situazione mette a rischio il comparto montano». C’è molta preoccupaz­ione da parte dei gestori degli impianti sciistici dopo che la data di possibile apertura, il 7 gennaio, non è stata confermata dal Governo. «Bisogna decidere. Per noi aprire dopo metà gennaio non avrebbe più senso» spiega Gian Luca Oliva, ad di Prato Nevoso Ski.

«Stiamo subendo molti danni. E non abbiamo nessuna certezza sull’apertura degli impianti sciistici. Questa situazione mette a rischio il comparto montano e tutto l’indotto che ne deriva». C’è molta preoccupaz­ione da parte dei gestori degli impianti sciistici dopo che la data di possibile apertura, il 7 gennaio, non è stata confermata dal Governo.

Uno stop arrivato dal Comitato tecnico scientific­o che, dopo aver letto le linee guida proposte dalle Regioni, ha chiesto nuove modifiche per la sicurezza. «Bisogna decidere. Per noi aprire dopo metà gennaio non avrebbe più senso – spiega Gian Luca Oliva, ad di Prato Nevoso Ski-. Siamo pronti a dialogare con il governo per la ripartenza degli impianti, ma devono metterci nelle condizioni di lavorare.questa incertezza non deve esistere. Per ripartire abbiamo bisogno di tempo per organizzar­ci». A fargli eco tutti gli altri gestori degli impianti sciistici piemontesi in lockdown ormai da mesi. Dal Sestriere alla Valsesia, dalle piste del Mondolè fino a quelle di Prato Nevoso il settore ormai è quasi al collasso. «Abbiamo deciso in ogni caso di tenere aperto per i club — continua Oliva —. Le uniche che possono percorrere le piste. Sono 150 rispetto ai 6mila giornalier­i registrati gli anni passati. E i costi sono però gli stessi».

Non nasconde la sua delusione Gualtiero Brasso, vice presidente di Sestrieres spa, la società che gestisce lo sci sulla Vialattea, uno dei comprensor­i più grandi delle Alpi con i suoi 400 chilometri di piste, raggiunto in media ogni anno da circa un milione e mezzo di sciatori. «Non aprire vorrebbe dire avere una perdita tra i 3 milioni e mezzo e i 4 milioni di euro — chiosa Brasso —. Senza considerar­e l’indotto di alberghi e ristoranti». L’incertezza che regna sovrana. A nulla per ora sembrano essere serviti i lavori per rendere le stazioni sicure. Per il Cts infatti gli impianti di risalita sarebbero pericolosi così come i mezzi di trasporto pubblici. «Le piste sono pronte — afferma Enrico Rossi direttore della Colomion di Bardonecch­ia —. I ragazzi che le usano hanno mascherine e tengono distanze di sicurezza. Stiamo adottando tutte le misure protettive che ci vengono richieste per scongiurar­e la diffusione dei contagi». La richiesta è quella di approvazio­ne definitiva delle linee guida per la sicurezza e poi avere certezza su ristori e date. «E’ arrivato anche il momento per scelte concrete e nette – spiega Giorgio Merlo, sindaco di Pragelato—. Pretendiam­o risposte chiare. Tutto dovrà avvenire tenendo conto sia della curva epidemiolo­gica che continua a flagellare la comunità, perché le persone devono essere libere di muoversi sul territorio per raggiunger­e le piste, sia del possibile crack finanziari­o ed economico di un intero settore e di una corposa filiera. Non si può più procedere nell’incertezza e brancolare nel buio».

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