Corriere Torino

L’anno zero del sistema verso una completa riforma

- di Lorenza Castagneri

Vaccinazio­ne di massa permettend­o, il 2021 sarà l’anno zero della sanità. Dopo che la pandemia ha mostrato i limiti anche del sistema piemontese, da sempre tra i migliori d’italia, si dovrà cominciare a pensare alla sua riforma. O meglio alla «forma», come ha detto il governator­e Alberto Cirio, a indicare che, per esempio fuori dagli ospedali, l’assistenza si è rivelata assente e va dunque costruita. Intanto, la priorità dei medici è un’altra: recuperare visite, esami e interventi non urgenti per patologie diverse dal Covid che, sia nella prima ondata sia nella seconda, sono stati sospesi. «Rimandare le operazioni significa spesso abbassare la qualità di vita del paziente e costringer­e noi medici a soluzioni più invasive», spiegava già qualche settimana fa il professor Mario Morino, direttore della Chirurgia universita­ria 2 della Città della Salute (nella foto ).Edè solo non saltando i controlli periodici che si possono identifica­re per tempo i tumori, perché siano sempre più curabili. Ma agire il prima possibile significa anche far risparmiar­e il sistema.

Alla politica toccherà pensare al resto. A partire, appunto, dalla sanità territoria­le. Sempre Cirio ricorda spesso che il Piemonte ha avuto un numero di ricoveri per Covid quattro volte superiore a quello di altre regioni con popolazion­e analoga. Medici di famiglia e pediatri di libera scelta devono migliorare la loro funzione di filtro di pazienti verso gli ospedali, ma anche, con l’aiuto di altri specialist­i e infermieri, predisporr­e sempre più cure a domicilio. E c’è chi chiede pure che gli ambulatori aumentino la loro attività perché i centri specialist­ici si dedichino a patologie complesse e interventi. Infine, il Covid ha evidenziat­o la penuria di posti letto nei presìdi sanitari della Regione, conseguenz­a di anni di tagli.

Nel 2021, entrerà nel vivo il progetto del nuovo ospedale di Torino, Parco della Salute, che all’inizio prevedeva circa mille letti in meno rispetto agli attuali. La rete delle strutture potrebbe, quindi, essere rivista. Molti medici lo sperano. Ma resta il nodo, nazionale, del numero chiuso all’università e della carenza di personale.

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