Rifiuti, la nuova emergenza che minaccia otto province
Irimedi possibili per contrastare la crisi climatica sono stati la priorità degli ultimi anni. Lo saranno anche di questo che è appena cominciato. La lista delle cose da fare in Piemonte è lunga. Dalla qualità dell’aria (pessima) alle fonti rinnovabili (poche) passando per la mobilità urbana (migliorabile). C’è poi il settore dei rifiuti. Che con la pandemia ha visto innalzarsi (cosa non prevista come del resto il Covid19) il consumo di plastiche monouso e materiali che sembravano destinati a diventare minoranza nel paniere della nostra vita. Dalla moral suasion per l’uso della borraccia siamo tornati alle bottigliette usa e getta, tanto per fare un esempio. Bottigliette alle quali abbiamo aggiunto mascherine, tute, visiere, guanti in lattice, dispenser di gel igienizzante e tutto ciò che fa ora parte del nostro quotidiano. Prima che quest’altra emergenza bussi alla porta della regione bisognerebbe anticiparla per evitare il rischio di esserne sopraffatti. Come? Con impianti e nuove tecnologie per lo smaltimento. I venerdì del futuro green continueranno e il cambiamento avrà possibilità di successo se verrà spinto — come è stato finora — soprattutto dai giovani ai quali lasceremo il territorio delle otto province. Ma, oltre i ragazzi, c’è un cambio di passo anche nelle aziende piemontesi. Convertirsi al green, al sostenibile riducendo gli inquinanti è una pratica che accomuna un po’ tutti. Grandi marchi e piccole realtà. La produzione nuova è il nuovo business. Aiuta l’ambiente e crea posti di lavoro. O almeno consente di mantenere quelli che ci sono. Ma al nuovo business va fatto il tagliando. Non basta professarsi «bio» se poi non lo si è. È questa la preoccupazione principale di chi (i Friday per esempio) vede in alcune riconversioni solo manovre gattopardesche. Verifiche, certo, ma non solo. Le riconversioni hanno bisogno di supporto economico. È inutile continuare a recriminare sulla qualità dell’aria se poi si consente la circolazione dei mezzi più inquinanti. Ma è altrettanto inutile chiedere a tutti di ammodernare il proprio parco mezzi senza adeguati contributi. A Torino e in Piemonte il campo «verde» va arato a dovere. Pandemia permettendo.