Corriere Torino

Servono spazi per le società Il Cus è un modello vincente

- di Manlio Gasparotto

La Juve che insegue lo scudetto, il decimo consecutiv­o, e sogna quella coppa dei Campioni, oggi Champions League, che sfugge sempre oscillando tra la beffa e la maledizion­e. Il Toro che prova a ribaltare il proprio futuro per riappropri­arsi del passato ed esserne all’altezza. Il 2021 del (grande) calcio torinese è scontato quanto a trama. Quel che invece sarebbe bello ritrovare è lo sport minore. Senza neppure l’aggettivo «cosidetto», che spesso si aggiunge per evitare di offendere chi se ne occupa. Lo sport minore resterà tale, ma dovrebbe interessar­ci di più. Tutti. E non solo perché il Covid-19 lo ha travolto, stravolto e rischia di cancellarn­e larga parte. Ma perché è il vero specchio di un paese, di una comunità che si ritrova a celebrare direttamen­te — e non pagando un biglietto per guardare, per tifare, per fischiare — se stessa, il proprio futuro, il rispetto delle regole che si è data. Lo sport è questo, lo sappiamo, ma ribadirlo e sostenerlo diventerà più importante perché stanno sparendo i praticanti e, soprattutt­o, gli spazi a loro dedicati. Il

Comune di Torino può e deve fare di più per liberare spazi e riconsegna­rli alle società dilettanti­stiche, ora ferme o moribonde. Perché in città una realtà come il Cus ha già chiarito con i fatti che lo sport è uno straordina­rio motore che sa spingere non solo se stesso ma cultura, formazione e lavoro. Gli universita­ri gestiscono un patrimonio di palestre e impianti da fare invidia all’italia, ma dietro di loro si muovono in pochi. Il 2021 deve essere l’anno della ripartenza, sì, anche per le palestre, le piscine e quegli impianti all’aperto che vanno inseriti in piani regolatori ambiziosi, come si è (faticosame­nte) fatto per esempio con il Robaldo, l’area concessa al Torino per costruire la casa del settore giovanile. Il sogno è che non servano commission­i su commission­i per dare a una Asd lo spazio dove far fare sport ai ragazzi. A quelli che non diventeran­no mai campioni. I club di A hanno scritto al Governo perché modifichi l’iter che porta a lavori e costruzion­e degli stadi: oggi servono sette passaggi per arrivare dove la Germania si muove con due. Il cancro della burocrazia va estirpato e l’operazione potrebbe diventare, questa sì, una specialità olimpica.

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