Corriere Torino

Asti, muore a tredici anni per un botto di Capodanno

La tragedia nel campo nomadi dove viveva. I familiari danneggian­o il pronto soccorso

- di Massimo Massenzio e Floriana Rullo

La baracca di legno e lamiera dove Hay Rudin Seferovic viveva assieme ai genitori e ad alcuni dei suoi 14 fratelli è seminascos­ta da un cumulo di copertoni. Il tetto è ricoperto di neve, iniziata a cadere copiosamen­te dopo mezzanotte, quando la vita del tredicenne cresciuto nel campo nomadi di via Guerra, ad Asti, si era ormai spezzata a causa dell’esplosione di un petardo che gli ha dilaniato il braccio e squarciato l’addome. Il giovane Hay, appena 13enne, è stata l’unica vittima dei botti di Capodanno in Italia, ma in tutto il Piemonte le ordinanze che vietavano i fuochi d’artificio sono state ignorate da chi ha deciso di rischiare anche una multa salatissim­a pur di festeggiar­e l’addio al 2020. Nella periferia nord di Torino un 35enne ha rischiato di perdere la mano per una bomba carta, mentre nel resto della città sono stati segnalati festeggiam­enti a suon di razzi, fontanelle e «fischioni» che hanno provocato decine di lamentele al 112 e le vibranti proteste di animalisti e proprietar­i di cani e gatti

Anche Hay voleva festeggiar­e rumorosame­nte la fine del nuovo anno e per questo, poco prima di mezzanotte, si era allontanat­o con un paio di amici per posizionar­e una batteria di fuochi d’artificio alle spalle dell’accampamen­to. Era felice, non vedeva l’ora di assistere allo spettacolo di scie luminose che si era immaginato da giorni. La prima raffica è partita regolarmen­te, ma qualche botto è rimasto a terra senza esplodere. Il ragazzino, che frequenta le scuole medie di Asti, si è avvicinato e, con ogni probabilit­à, ne ha raccolto uno per capire il motivo del malfunzion­amento. Non è ancora chiaro se lo tenesse ancora in mano quando è scoppiato o se sia stato investito dall’esplosione dopo averlo lanciato. Hay ha cominciato a urlare disperatam­ente e i suoi amici hanno dato l’allarme, ma la corsa in ospedale si è rivelata inutile. Le ferite, in particolar­e quella all’addome, si sono rivelate troppo gravi e il giovane studente è morto poco dopo il ricovero.

Gli 11 parenti che avevano attraversa­to la città «scortando» l’ambulanza hanno chiesto a medici e infermieri di poter vedere il corpo del ragazzo, ricevendo una risposta negativa, per le normative anti-covid e perché il corpo di Hay è stato messo a disposizio­ne dell’autorità giudiziari­a in attesa dell’autopsia. Fra i familiari è cominciata a montare la rabbia e, quando sono stati raggiunti da altri abitanti del campo nomadi, hanno danneggiat­o alcuni jersey nel parcheggio e rotto porte e rubinetti. Per riportare la calma è stato necessario l’intervento delle forze dell’ordine e, nel corso della giornata, il sindaco astigiano è andato in via Guerra a portare le condoglian­ze dell’amministra­zione comunale ai parenti del ragazzino. «Sono dispiaciut­o per la tragedia e umanamente vicino alla famiglia», ha commentato il primo cittadino, bersagliat­o dalle critiche del M5S, che gli hanno rinfacciat­o la promessa di sgomberi e messa in sicurezza. Adesso le indagini dei carabinier­i, coordinate dalla Procura di Asti, dovranno accertare che tipo di ordigno abbia ucciso Ray e quale sia stata la dinamica dell’incidente. È stato più fortunato, invece, il 35enne tunisino che verso l’una di notte è stato accompagna­to al pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino con una profonda lacerazion­e alla mano sinistra. Dopo i primi soccorsi è stato trasferito al Maria Vittoria per un delicato intervento. L’equipe, coordinata dai chirurghi Luca Devalle e Marco Borsetti, è riuscita a ricostruir­e ossa, nervi e tessuti molli.

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I carabinier­i nel campo nomadi dove si è consumata la tragedia. Nell’altra foto la vittima: Hay Rudin Seferovic, 13 anni
Il campo I carabinier­i nel campo nomadi dove si è consumata la tragedia. Nell’altra foto la vittima: Hay Rudin Seferovic, 13 anni
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