LA POLITICA IL DEBITO E AMAZON
L’altro giorno cercavo un oggetto di cui non avevo alcun bisogno su Amazon. Una volta scelto colore, foggia e caratteristiche tecniche, l’ho infilato nel carrello digitale. La piattaforma mi ha proposto di comprarlo a rate, come aveva già fatto il concessionario d’auto tempo prima, l’agenzia immobiliare che mi aveva venduto casa e il dentista che mi deve sistemare due molari (non potremmo metterci tutti d’accordo e decidere che “sdentato è bello”?). L’acquisto a rate non è dunque una novità, ma non va nemmeno ignorato quanto sia potenzialmente dirompente l’impatto quando sia Amazon a proporlo. Il debito è la benzina del motore del capitalismo e nella condizione attuale, dove l’accelerazione generata dalle piattaforme in epoca pandemica è stata straordinaria, diventerà un propellente ancora più diffuso. Colpisce dunque che nel salutare dibattito che si sta sviluppando sulle pagine di questo giornale in queste ultime settimane riguardante le prossime elezioni amministrative, il tema del debito non sia emerso realmente. Anzi, va dato merito al candidato «civico di destra» di aver ricordato che il nostro comune è «tecnicamente fallito», il che è vero almeno dal 2006, ma ci pare di aver capito che la soluzione offerta sia quella di una maggiore efficienza amministrativa, garantita dalle note qualità imprenditoriali (dove l’abbiamo già sentita questa cosa dell’imprenditore che saprebbe gestire meglio di altri la cosa pubblica? Non ricordo).
Anche le piattaforme di e-commerce garantiscono migliore efficienza amministrativa della rete di migliaia di attività commerciali, così come hanno, in diversi casi, garantito anche un patto di reciprocità con il consumatore che trovava oggetti di cui non aveva necessariamente bisogno a prezzi fortemente concorrenziali. L’analogia con la politica contemporanea è allarmante ma tutto sommato regge. Veniamo da diversi cicli elettorali in cui piattaforme sempre meno radicate localmente e sempre più digitali (e social) hanno promesso patti con consumatori di prodotti elettorali effimeri ma consegnati rapidamente. Certo, abbiamo sacrificato i commercianti e i loro ricarichi, senza magari fare troppo caso agli effetti benefici che generavano comunque per il fatto di avere una vetrina accesa sul marciapiede e di avere un legame con la clientela e il quartiere, ma quel giorno c’era il Black Friday! Politicamente abbiamo sacrificato invece cittadinanza attiva attraverso forme desuete, fossero i circoli, i bar o tutti i corpi intermedi ormai dissolti. E intanto il debito ha continuato ad accumularsi, anzi è diventata la principale politica pubblica. Mi sembra che ci sia un’ulteriore assonanza tra la politica di Amazon e quella che vediamo oggi: il reso. In fondo quando ci accorgiamo che l’affettatrice pieghevole e auto-pulente non ci serviva affatto, gliela rimandiamo indietro e quelli incassano senza dire nulla. Probabilmente renderemo anche il prodotto politico precedente, e il sistema se lo riprenderà come nulla fosse. Purché ci accolliamo il nuovo prodotto (e il nuovo debito).