Corriere Torino

Depositi di scorie radioattiv­e in Piemonte Cirio e i sindaci fanno muro: li fermeremo

- G. Guc.

I sindaci dei comuni del Torinese su cui aleggia lo spettro del deposito nazionale per i rifiuti radioattiv­i sono pronti a salire sulle barricate. La più dura di tutti è Ivana Gaveglio, la prima cittadina di Carmagnola. Nel territorio da lei amministra­to, quasi al confine con Poirino, la mappa pubblicata nella notte tra lunedì e martedì dalla Sogin indica uno dei potenziali siti giudicati idonei per l’installazi­one dell’impianto di stoccaggio per le scorie nucleari. «Dimostrere­mo la non idoneità dell’area individuat­a — promette la sindaca carmagnole­se —. E con gli altri primi cittadini definiremo una strategia che blocchi questa assurda situazione».

Isindaci dei comuni del Torinese su cui aleggia lo spettro del deposito nazionale per i rifiuti radioattiv­i sono pronti a salire sulle barricate. La più dura di tutti è Ivana Gaveglio, la prima cittadina di Carmagnola. Nel territorio da lei amministra­to, quasi al confine con Poirino, la mappa pubblicata nella notte tra lunedì e martedì dalla Sogin — la società dello Stato per lo smantellam­ento degli impianti nucleari italiani — indica uno dei potenziali siti giudicati idonei per l’installazi­one dell’impianto di stoccaggio che dovrà mettere al sicuro 78 mila metri cubi di rifiuti radioattiv­i a bassa e media intensità e poi anche 17 mila metri cubi ad alta attività. «Dimostrere­mo la non idoneità dell’area individuat­a — promette la sindaca carmagnole­se —. E con gli altri primi cittadini definiremo una strategia che blocchi questa assurda situazione».

Il deposito unico è da tempo invocato, a dire la verità, anche dalle associazio­ni ambientali­ste piemontesi, preoccupat­e per la tenuta dei quattro impianti, poi trasformat­i in depositi nucleari, presenti nel Vercellese e a Bosco Marengo, in provincia di Alessandri­a. Il magazzino nazionale sollevereb­be dunque il Piemonte — che con quasi l’80 per cento delle scorie è la regione più «radioattiv­a» d’italia — dall’annoso problema dei siti di stoccaggio «temporanei» risolvendo una volta per tutte la questione Saluggia. Ma l’insorgere della sindrome Nimby («not in my backyard», non nel mio giardino) non si è fatta attendere anche questa volta, complici anche — verrebbe da pensare — il mancato coinvolgim­ento preventivo, la segretezza che per sei anni ha avvolto il lavoro dei tecnici a cui è stato affidato il compito di stilare la lista, e infine lo svelamento nottetempo della mappa. Così, in tutti i 67 siti candidati in base a tutta una serie di criteri di sicurezza geologica, dalla Basilicata al Lazio, si è alzato un coro di «no». E il Piemonte non è stato da meno.

Carmagnola del resto non è l’unico comune interessat­o nel Torinese. Tra le aree «potenzialm­ente idonee» c’è anche un’altra zona tra Calusomazz­è e Rondissone. Così, il vicesindac­o della Città metropolit­ana, Marco Marocco, ha deciso di convocare ieri pomeriggio un incontro con i primi cittadini, oltre che di Carmagnola, Caluso, Mazzè e Rondissone, anche di Chiavasso, Villastell­one e Poirino. I quali hanno dichiarato di essersi sentiti «scavalcati da un annuncio a sorpresa» e amareggiat­i per «il rischio di cancellare in un colpo anni di promozione territoria­le e di investimen­ti sui prodotti locali di qualità»; con tanto di esplicito riferiment­o — così in un comunicato — a «peperone di Carmagnola, tinca gobba di Poirino, Erbaluce e nocciola di Caluso». Il vicesindac­o metropolit­ano Marocco (M5S) promette intanto: «Chiederemo un incontro ai parlamenta­ri piemontesi e supportere­mo i Comuni con gli approfondi­menti tecnici necessari a comprender­e la genesi delle scelte di Sogin. Resta grave il mancato coinvolgim­ento degli amministra­tori locali da parte del governo centrale».

Un’analoga iniziativa è stata presa anche dai vertici della Provincia di Alessandri­a, nel cui territorio ricadono altri sei siti: Alessandri­a-castellett­o Monferrato-quargnento, Fubine-quargnento, Alessandri­a-oviglio, Bosco Marengofru­garolo, Bosco Marengonov­i Ligure, Castelnuov­o Bormida-sezzadio. Il segretario piemontese della Lega, l’alessandri­no Riccardo Molinari, dichiara — in linea con il leader Matteo Salvini — di essere pronto alla battaglia col governo, e di avere l’appoggio del presidente della Regione, Alberto Cirio: «Il Piemonte è stato scaraventa­to in prima linea senza essere stato consultato, tirando fuori dai cassetti un documento fermo da diversi anni: è inaccettab­ile che debba essere “sbloccato” proprio ora, in una situazione di complessiv­a emergenza, e senza una riflession­e ampia».

E se per la deputata di Forza Italia, Daniela Ruffino, «il governo decide alla chetichell­a e con metodo impositivo», il collega azzurro Carlo Giacometto invita alla calma: «Ci sarà tempo e modo per il dibattito pubblico, in cui far emergere tutte le criticità e anche le eventuali opportunit­à».

Dopo la pubblicazi­one della mappa che indica i 67 siti italiani potenzialm­ente idonei a ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattiv­i, bisognerà infatti raccoglier­e il consenso delle comunità interessat­e e delle istituzion­i locali, attraverso una consultazi­one pubblica di quattro mesi, una successiva rielaboraz­ione di tre mesi che darà luogo alla «Carta nazionale delle aree idonee» e poi alla fase delle «manifestaz­ioni di interesse» dei territori. Il tutto in un periodo di pandemia.

Cirio e Molinari

Siamo stati scaraventa­ti in prima linea senza essere consultati: non è accettabil­e

Marocco

Grave non aver avvertito gli enti locali, chiederò un incontro coi deputati

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