«Il Coronavirus non arretra l’emergenza travolge malati di cuore e di tumore»
Il dottor Aprà: «Le persone non si curano per paura»
«L’epidemia è ancora molto intensa, decisamente di più rispetto a giugno e a pagare sono soprattutto i pazienti oncologici e cardiopatici», insiste dal pronto soccorso del San Giovanni Bosco il primario, Franco Aprà, mentre la Regione inizia a parlare del rischio concreto di una ipotetica terza ondata, tra gennaio e inizio febbraio. Dottore, secondo lei arriverà?
«Anzitutto, va detto che i pazienti Covid ci sono sempre: a differenza dell’estate, quando erano spariti, oggi non è così». E quanti sono?
«A giugno, c’era un ricovero per Covid a settimana, oggi siamo su una media di tre o quattro al giorno, ma arriviamo anche a otto-nove». Quindi crede che ci travolgerà una terza ondata?
«Non sono un epidemiologo, ma mi viene spontaneo pensare di sì. Sicuramente il Covid non è in regressione». La ragione principale può essere legata al freddo e al fatto che le persone si radunano soprattutto in ambienti chiusi? «Io penso ad altro». A cosa?
«Tutto parte sempre dal rispetto individuale delle regole. Faccio un esempio: se un lavoratore torna in ufficio dopo un incidente, arriva, bacia i colleghi e, qualche giorno dopo, sono tutti positivi, c’è un problema». Si tratta di un fatto realmente
accaduto?
«Parzialmente accaduto, diciamo. Ma raccontare le parabole funziona. Non mi stancherò mai di dirlo: si devono mantenere le distanze, evitare la promiscuità, lavarsi le mani». Ma ovunque, negli ospedali, si vedono ancora molti casi Covid?
«Almeno a Torino, sì. Il Covid non è sparito e la conferma è che abbiamo quasi tremila ricoverati
per coronavirus in Piemonte: un numero impressionante. Nulla a che vedere con giugno: allora erano trecento». E le altre patologie?
«Noi le stiamo seguendo, anche in estate si è cercato di recuperare il più possibile interventi, visite ed esami arretrati, ma certo ci sono parecchi malati non Covid che vanno considerati come le altre vittime della pandemia». Quali sono i più comuni
che visitate in pronto soccorso?
«I cardiopatici, per esempio, che arrivano in condizioni in cui non li avremmo mai voluti vedere. O i pazienti con tumore al polmone o all’intestino». E che cosa vi raccontano?
«Spesso dicono: “Io avevo mal di pancia da tre mesi ma anche paura di andare in ospedale”. E poi si scopre, appunto, che è un tumore, magari già avanzato». L’oncologia è un problema reale, insomma?
«Sì. Una volta effettuata la diagnosi, queste persone vengono trattate, ma le possibilità per fare screening, prevenzione e quindi una diagnosi precoce sono parzialmente venute a mancare». C’è difficoltà a entrare in contatto con le strutture sanitarie, quindi? «Sì, soprattutto per paura».