Corriere Torino

Lentini: «Resterò sempre granata»

Quella di stasera è anche «la» partita di Gigi Lentini «Il Toro è la mia mamma e vorrei poterci tornare»

- di Simone Lo Giudice a pagina 13

Gianluigi Lentini gioca la «sua» partita, da Carmagnola, il paese che chiama casa, dove è tornato, dove fa l’imprendito­re cullando il sogno di ritornare un giorno nel mondo granata. Gigi non ha mai smesso di giocare, dopo il calcio ha ripreso in mano la stecca da biliardo e tra un colpo e l’altro sul tappeto verde ha conosciuto Giovanni Murano, diventato il socio con cui ha fondato l’azienda che produce e vende miele col suo nome.

E le api in questi mesi hanno ricordato a Gigi che cosa significa lavorare senza sosta: ciò che ha fatto fino alla notte del 2 agosto 1993, quando un incidente stradale lo ha messo fuorigioco inceppando la storia col Milan, dove era arrivato nell’estate 1992, dal Toro che l’aveva cresciuto e lanciato prima in A e poi anche in Nazionale.

Che cosa rappresent­a Milan-torino per Lentini?

«Il Toro è stato la mia mamma, il Milan l’amico del cuore che mi ha dato la possibilit­à di giocare ad alti livelli e di vincere qualcosa di importante».

Ora c’è più pressione sul Milan o sul Toro?

«Su entrambe: il Toro ha bisogno di un buon risultato, il Milan deve consolidar­e il primo posto. Purtroppo la squadra è decimata tra infortuni, positività al Covid e squalifich­e. Il Milan sta facendo comunque un percorso incredibil­e, spero che continui così».

Qual è la ragione delle difficoltà del Toro?

«I giocatori hanno reso al di sotto delle aspettativ­e, la società ha cambiato tanto nelle ultime stagioni. Quando un anno inizia male è difficile risollevar­si».

Giampaolo vorrà prendersi la rivincita?

«Credo poco a queste cose. Penso che Giampaolo voglia fare punti per la classifica del Toro, non per vendicarsi nei confronti del Milan».

È cambiato qualcosa tra lei e il Toro dopo l’addio nell’estate 1992?

«No, resterà sempre la mia mamma. Mi fa piacere quando vince, mi spiace molto quando perde: sono granata. Sono diventato un calciatore importante nella mia squadra del cuore, è stato impagabile».

I tifosi granata scesero in piazza per contestare il suo passaggio al Milan per 18,5 miliardi di lire: che effetto le fece in quei giorni?

«Da un lato ero dispiaciut­o perché non volevo andare via, dall’altro provavo grande orgoglio perché significav­a che ero riuscito a trasmetter­e qualcosa di importante. Sono scesi in piazza perché tenevano a me».

Lei è stato forse il CR7 di quel 1992: pressione per essere costato così tanto?

«Ci si aspettava tanto da me ed era giusto che fosse così. Reggevo bene la pressione e dopo un periodo di adattament­o mi sono imposto al Milan. Chissà cosa avrei fatto se non ci fosse stato quell’incidente stradale».

Oggi è fuori dal calcio, c’è spazio per la sua passione, il biliardo, e l’avventura con le api...

«Il biliardo è divertimen­to. Ci giocavo da piccolo, ho mollato quando facevo il calciatore, ho ripreso dopo il ritiro. Proprio giocando a biliardo ho conosciuto Giovanni Murano, il socio dell’azienda agricola con cui cerchiamo di produrre e vendere dell’ottimo miele».

È stato mai punto da un’ape?

«Quando ero ragazzo sì, per fortuna non sono allergico. Partecipo alla produzione con Giovanni, non possiedo le sue conoscenze, ma cerco di dare una mano».

C’è un contatto tra lavoro e calcio? Che cosa le ha insegnato l’incidente?

«A lottare ogni giorno: non bisogna dare niente per scontato perché tutto può finire all’improvviso. Ci ho messo un anno e mezzo per riprenderm­i. Ho subito un trauma psicologic­o, andavano velocizzat­i i riflessi, serviva tempo, il Milan non poteva darmelo e mi sono lasciato andare».

Sente ancora la rivalità con la Juve?

«Quando Toro e Milan la sfidano voglio che vincano sempre. Ricordo ancora il derby del ‘92 vinto 2-0 con doppietta di Casagrande: avevamo meritato, eravamo allo stesso livello della Juve».

Oggi quale notte ricorda con più piacere?

«Quella del passaggio del turno col Toro contro il Real Madrid, nella semifinale di Coppa Uefa 1992»

La più brutta?

«Stessa stagione, il ritorno ad Amsterdam nel ritorno della finale contro l’ajax: abbiamo perso l’occasione di entrare nella storia. È la mia ferita più profonda».

L’insegnamen­to più importante di un allenatore?

«Ricordo quando Eugenio Fascetti mi mandò con la Primavera del Toro, mi aveva detto di darmi una svegliata perché nessuno mi avrebbe regalato niente. È servito».

Vede ancora il calcio nella sua vita?

«Mi piacerebbe poter fare qualcosa per il Toro: vorrei dare una mano, trasmetter­e qualcosa di importante, visionare giocatori e dare consigli. Dovesse capitarmi quest’opportunit­à la prenderei al volo».

Che cosa ha imparato dalle api?

«Sono grandi lavoratric­i. Abbiamo cominciato da duetre anni con l’attività e abbiamo beccato di tutto tra brutto tempo e pandemie. È dura ma cerchiamo di andare avanti. Per crescere ancora servono tempo e lavoro». Come del resto al Toro di Giampaolo, che sta cambiando pelle e deve rimontare. E quel Milan capolista, pieno di ragazzi e di speranze. Lentini stasera non perderà un secondo.

❞ Oggi produco miele, le api insegnano che servono sempre tempo e lavoro Per il Toro potrei fare di tutto: mi capitasse l’occasione non la lascerei

❞ Giampaolo vorrà vincere la partita per i punti, non credo alle rivincite

❞ Il Milan è come un grande amico, lì ho potuto vincere qualcosa

❞ Quella notte contro il Real Madrid è il mio ricordo più felice, quella con l’ajax un incubo

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Gigi Lentini, 51 anni, in un’immagine dal profilo Instagram dell’azienda Mielilenti­ni fondata a Carmagnola qualche anno fa
Imprendito­re Gigi Lentini, 51 anni, in un’immagine dal profilo Instagram dell’azienda Mielilenti­ni fondata a Carmagnola qualche anno fa

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