Corriere Torino

Grano, crescono prezzi e consumi ma le coltivazio­ni sono sempre meno

Non solo il meteo pazzo. Anche le speculazio­ni dei fondi fanno schizzare in su i prezzi del grano, mentre i consumi aumentano e la superficie coltivata in 12 anni è scesa del 25%

- Di Andrea Rinaldi

Il lockdown ci ha trasformat­o tutti in panettieri e la chiusura dei pubblici esercizi ha fatto ritornare gli italiani ad apparecchi­are la tavola di casa. I consumi di pasta nazionale infatti nel primo semestre sono aumentati del 23%, mentre gli acquisti nei supermerca­ti di farine di frumento tenero (quelle cioè impiegate per pane e dolci) sono esplose di oltre il 64%.

Crescita della domanda, buona remunerazi­one dell’offerta, si penserà. Purtroppo non è così, perché il grano è una commodity e il clima e la finanza ci mettono lo zampino. Il combinato alla lunga rischierà di far perdere tutti, agricoltor­i e mulini, nella terza regione italiana produttric­e di grano tenero (e penultima per grano duro, quello impiegato per la pasta).

Ultimo giorno di dicembre. «Oggi i futures di marzo hanno fatto 2%, stamattina erano a -1%: ci han fatto il regalo». L’ironia non manca a Claudio Bongiovann­i, ma neanche del sano pragmatism­o. Bongiovann­i è titolare degli omonimi Molini, 120 mila tonnellate di grano lavorate all’anno, 35 milioni di ricavi. Ma soprattutt­o è presidente delle Borse merci europee del settore cerealicol­o. Il grano, avvisa, mediamente viene trattato fino a sette volte dopo essere stato raccolto. «A fine anno ci si aspettava che i fondi andassero a recuperare i margini, invece continuano a investire e comprare fa aumentare i prezzi, talvolta sono speculazio­ni pure oppure fondi Usa pensionist­ici molto attivi sulle commodity agricole». Dall’8 agosto a metà novembre i prezzi del grano sono andati salendo: sulla piazza di Milano il frumento duro è arrivato a 297,50 euro a tonnellata.

A modificare i prezzi è anche il clima. «Le piogge prima della semina 2019 e quelle di questa estate per il raccolto hanno influenzat­o la produzione in Europa che si è ridotta», sottolinea Ercole Zuccaro, direttore di Confagrico­ltura. Quindi molto del trebbiato ha perso in qualità ed è stato è stato destinato all’alimentazi­one zootecnica (di fatto declassato), comportand­o meno ricavi per chi lo vendeva. Solo chi ha stoccato, vendendo ora, ha recuperato, perché le quotazioni sono salite.

«L’europa è meno competitiv­a e il mercato interno aumenta. La Cina, tipicament­e autosuffic­iente, sta acquistand­o cerali, la Russia è tornata sulle aste e il Mediterran­eo vede la crescita di import di Egitto e Marocco — spiega Bongiovann­i —. Questo tiene alta la tensione sui mercati telematici, come Chicago e Parigi che condiziona anche Torino-. A oggi il grano sul telematico ha fatto +20%, passando da 175 a 210 euro (il 12 gennaio 222, ndr)». L’industria molitoria guarda con attenzione mista ad apprension­e alle piogge dell’argentina o alla prossima perturbazi­one che colpirà la zona del Volga, idem i fondi: cavalcano il «meteo pazzo» che limita la disponibil­ità di cereali e fanno coperture in acquisti per vendere a prezzi migliori. I mulini, e di conseguenz­a gli agricoltor­i, subiscono questi alti e bassi.

L’italia consuma più cereali di quanti ne riesca a coltivare, quindi è giocoforza costretta a comprarli. Anche se quest’anno la produzione è aumentata tornando ai livelli del 2016, i numeri non permettono l’autosuffic­ienza. Il nostro Paese produce circa 3 milioni di tonnellate di frumento tenero, ma ne importa 5: degli 8 totali 2 vanno alla zootecnia, 6 alla macinazion­e. La produzione di frumento duro è di circa 4 milioni, l’import di 2,5 (dati Istat). Il Piemonte non fa eccezione e compra dalla vicina Francia. Nel mondo la raccolta è arrivata a 771 tonnellate.

I numeri, ancora una volta, ci dicono che il pareggio è andato allontanan­dosi negli anni. La nostra regione infatti ha assistito in 12 anni a un calo di superficie coltivata del 25% anda

to di pari passo con quello della produzione. Quest’anno sono state raccolte 350mila tonnellate di frumento tenero, erano 450mila nel 2008 e 520mila nel 2013. Gli ettari invece dai 102mila del 2008 sono diventati 60.041 (fonte Confagrico­ltura). «È una discesa costante — certifica Zuccaro —. Nel 2019 il tenero era pagato 180 euro a tonnellata, oggi 210, il duro dai 260 euro è arrivato ai 290-. A questo livello di prezzi si fatica a coprire i costi di produzione». Per il dg di Confagrico­ltura serve una filiera che funzioni e approfitta­re del momento per far risalire la produzione mantenendo una remunerazi­one adeguata. Confagrico­ltura dal 2012 sta portando avanti un progetto per apprezzare il grano di qualità e così Coldiretti. «Con le semine iniziate a ottobre abbiamo chiuso buoni contratti di filiera con le realtà molitorie lanciando il programma Gran Piemonte con adesioni su oltre 5mila ettari — annuncia il presidente Roberto Moncalvo —. Si premia la qualità dei cereali, il contenuto di proteine, la sostenibil­ità e ci sganciamo dalle quotazioni».

 ??  ??
 ??  ?? Risorsa Con 350 mila tonnellate il Piemonte è la terza regione italiana per la produzione di grano tenero (quello destinato a diventare farine per pani e dolci)
Risorsa Con 350 mila tonnellate il Piemonte è la terza regione italiana per la produzione di grano tenero (quello destinato a diventare farine per pani e dolci)
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy