«Vi racconto tutto Simenon, dalla A alla Z»
Clochard fallito e recordman del successo, fenomeno da baraccone e dominatore editoriale, scrittore di best seller, prolifico, anche troppo, invidiato, ammirato. Ma anche dipendente dall’alcol, amato e amante delle donne, tormentato dalla figura della madre. George Simenon era tutto questo e molto altro. Lo scrittore torinese Alberto Schiavone lo considera prima di tutto uno dei suoi santi letterari, «un personaggio che, se te ne innamori, ti regala centinaia di romanzi e storie diverse». Allo scrittore belga Schiavone ha dedicato il suo ultimo libro. Alfabeto Simenon (edizioni Bd), un graphic novel in bianco e nero con le illustrazioni di Maurizio Lacavalla. Questa sera alle 18 l’autore presenta il libro al Circolo dei Lettori insieme a Marco Missiroli, (l’incontro sarà disponibile in streaming sul sito www.circololettori.it e sulla pagina Facebook del Circolo).
Dalla A di alias in cui vengono catalogati tutti gli pseudonimi con cui scriveva, alla D di Denyse, la sua seconda moglie; dalla N di New York e le sue Tre camere a Manhattan alla W di whisky, il libro è un viaggio tra la vita e le opere del grande autore. I successi di Maigret, le vicissitudini sentimentali, la gabbia di vetro in cui accetta di abitare per una settimana, come in una sorta di Grande Fratello d’altri tempi, le eterne dispute con il mondo delle lettere. «Simenon era molto baldanzoso e molto sicuro di sé. Aveva successo e questo, allora come oggi, non viene perdonato tanto facilmente dai colleghi», scherza Schiavone. Denigrato come scrittore di genere, e quindi di serie B da alcuni, da altri considerato più realista di Zola, il migliore della sua generazione, Simenon e la sua pipa o si amano o si odiano. «Certo è che non invecchia, i suoi primi romanzi li ha scritti agli inizi degli anni Trenta, quasi cento anni fa, eppure non subisce gli effetti negativi del tempo». Best seller era e best seller rimane. «Dire che piace perché è bravo è vero, ma è anche banale. Una delle sue caratteristiche che preferisco è la capacità di portarti nella vicenda, con un vocabolario non povero ma semplice, esatto». Camilleri diceva che davanti a Simenon non ci si spaventa mai, Federico Fellini ammetteva che non avrebbe voluto abbandonare mai certi personaggi, proprio come Gino Cervi che, in una delle tante testimonianze presenti nel graphic novel un giorno disse: «Io a Maigret voglio un bene dell’anima. Mi piace tutto di lui, anche quello che mangia e quello che beve». L’ambizione di tutti quelli che raccontano storie.