L’ autrice
● Elisabetta Forni è volontaria dell’unicef e docente al Politecnico di Torino di sociologia urbana
Per progettare e realizzare la Torino sostenibile occorrono i bambini perché per contrastare le crescenti disuguaglianze sociali e territoriali e puntare al Benessere equo e sostenibile (Bes) serve non solo cultura e competenza ma anche immaginazione, come scrive Rob Hopkins, fondatore del movimento Transition Towns. Serve ma ci manca, perché noi adulti, e ormai anche i più piccoli, non giochiamo, cosa essenziale per immaginare. Passiamo troppo tempo davanti al computer, poco tempo a contatto con la natura e abbiamo un modello educativo troppo rigido. Il vocabolario desueto o abusato di molte ricette per la futura Amministrazione torinese indica un deficit di immaginazione. Invocano competizione, innovazione tecnologica urbana (smart city), adozione del modello Terza Italia di Veneto ed Emilia anni Settanta e ormai fiacco, Grandi Opere, Grandi Eventi. Tutto deve essere «grande» ergo anche Torino deve diventare la Grande Torino. Ma grande in cosa?
È qui che entrano «in gioco» i bambini, in senso reale e figurato. A Torino non diamo spazio ai bambini, non li lasciamo «partecipare» alla città, né giocare in modo libero in luoghi pubblici accoglienti, sani (senza inquinamento) e sicuri (dai pericoli del traffico). Inquinamento e traffico che vedono Torino in testa alle classifiche nazionali ed europee, da affrontare con politiche molto più incisive e coerenti combinate con l’impegno immaginativo di tutti, bambini inclusi. Insomma, la soluzione potrebbe essere una Torino «bambina», con lo «sguardo da vicino» che soprattutto i bambini hanno. Una città «giocabile», dove il ben-essere dei bambini sia un