Le Pleiadi ovvero l’ultimo miracolo torinese: vincenti ovunque
Tutto è cominciato con un annuncio su una rivista: «Vorremmo continuare a giocare a tennis, ma ci servono delle palline. Vanno bene anche usate. Grazie». Era il 1993, e la richiesta arrivava dai Balcani; a Sarajevo c’era la guerra, alcune giovani promesse del Tc Bosnia erano fuggite su un’isola della Croazia per provare a sopravvivere. «Ci avevano detto che era questione di giorni, forse di settimane, poi saremmo tornati tutti a casa», racconta Sinisa Milosevic. «Siamo rimasti lì per mesi e mesi a giocare a tennis, a provare a distrarci».
Ma, come si leggeva sulle pagine di Tennis Italiano, per continuare a giocare servivano le palline, tanto per cominciare. Carlo Bucciero, presidente delle Pleiadi di Moncalieri, dopo aver letto la richiesta proveniente dai Balcani rispose con scatoloni e scatoloni di palline, nuove di zecca ovviamente. Ma siccome non gli bastava aggiunse un biglietto: «Non siamo ricchi, ma non siamo nemmeno poveri. Fateci sapere se vi serve altro, per favore». I ragazzi stavano cercando ospitalità in tutto il mondo, alcuni erano riusciti a farsi accogliere dall’accademia di Nick Bollettieri, altri in Germania. E così un giorno di primavera dell’inizio degli anni Novanta dieci ragazzi in fuga arrivarono a Moncalieri, adottati da Carlo Bucciero e dalla sua famiglia.
«Me lo ricordo come se fosse ieri. Non ho mai prestato attenzione alle date, ma il 19 aprile 1993, la data del mio arrivo, non me la dimenticherò mai, il giorno dopo avrei compiuto diciassette anni ed ero solo in un Paese che non conoscevo». Di quel gruppo di ragazzi faceva parte anche Ivan Ljubicic; poi diventato numero tre al mondo e attualmente coach di Roger Federer: Ljubicic è l’uomo che ha aiutato il campione svizzero a ricominciare a vincere. Anche lui ventisette anni fa fuggiva dalla guerra, il tennis e l’arrivo a Moncalieri gli hanno salvato la vita.
Per il club furono anni irripetibili, tutto il meglio del tennis italiano era sparpagliato tra i ventidue campi di via Ungaretti 23. A partire da Riccardo Piatti. L’attuale allenatore e mentore di Jannik Sinner, grande speranza del tennis azzurro, ha cominciato la sua carriera proprio qui, in Piemonte, dando vita a un gruppo di ragazzi famosi in tutto il Paese con il nome di Piatti Boys. Cristiano Caratti (ex numero 26 al mondo), Omar Camporese (ex numero 18), Renzo Furlan (ex 19): in poche parole la coppa Davis azzurra di quegli anni parlava monregalese, dieci dei migliori quattrocento giocatori al mondo, a cavallo degli anni Novanta, erano tesserati per il club di Bucciero.
«Appena siamo arrivati in Italia abbiamo cominciato a fare la vita da professionisti. Vivevamo di tennis e di atletica. Stavamo dentro il circolo dalle 8 di mattina alle 10 di sera. Non parlavamo italiano e quasi nessuno parlava inglese, i primi tempi era difficile spiccicare una parola che non fosse “Ciao”. Abbiamo letteralmente imparato tutto sul campo». Ventidue campi, più di mille soci, squadroni di Under 12, Under 14 e Under 16 che ogni anno giocavano per il titolo di campioni d’italia e poi maestri, tecnici, istruttori: chiunque abbia fatto strada con una racchetta in mano è passato da lì: Gipo Arbino, coach di Lorenzo Sonego, Paolo Canè, Danilo Pizzorno, (videoanalista di Djokovic, Sinner, Volandri), Friki Chioatero (direttore dello Sporting), Alberto Giraudo (sparring partner di Fabio Fognini). «Esisteva solo una palestra e quindi ci allenavamo tutti insieme», da una parte i Piatti Boys, dall’altra gli adolescenti arrivati da lontano, che guardavano e imparavano dai grandi. «Io personalmente credo di avere avuto un po’ di sfortune nella vita, l’incontro con la famiglia Bucciero è stata una ricompensa, così come la possibilità di vivere da vicino una delle esperienze più belle e più genuine del tennis italiano».
Fu una stagione irripetibile, un circolo virtuoso che viveva di tennis, gioventù, entusiasmo e tantissimo talento, tutto incastrato alla perfezione. Come ha detto un giorno Bucciero: «I giocatori forti attirano giocatori forti, tutto qui». E nel suo club di giocatori forti ne sono arrivati parecchi e, a contatto con il miglior coach italiano in circolazione e in assoluto uno dei migliori al mondo, non hanno fatto altro che migliorare. «Il primo anno qui a Moncalieri, Ivan, che a malapena parlava qualche parola di italiano ha vinto il campionato nazionale Under 16. Si vedeva che aveva qualcosa in più rispetto a tutti gli altri, ma è stato fondamentale l’incontro con Piatti. È stato Riccardo a vedere in lui qualcosa che noi potevamo soltanto intuire. Noi vedevamo un giocatore molto forte, lui con la lungimiranza dei grandi aveva capito che sarebbe diventato un campione».
Aveva ragione lui, che di recente, in un videomessaggio di auguri ha detto a Bucciero: «Grazie, mi hai cambiato la vita». Milosevic, che oggi ha 43 anni, si ricorda come se fosse ieri l’arrivo nel circolo. «Anche da noi c’erano strutture molto belle, ma non avevamo mai visto niente di simile. Appena entravi su una grossa bacheca vedevi decine e decine di coppe, gagliardetti, scudetti». Tra queste la Champions League, il corrispettivo di quella di calcio, la coppa a squadre tra i migliori club europei, che le Pleiadi (unica squadra in Italia) vinsero nel 1994 dopo una trasferta a Bruxelles, la stella al merito che il Coni ha conferito a Bucciero per tutto quello che ha fatto allo sport, i titoli italiani vinti contro gli storici rivali, i Parioli di Roma, contro cui in quel decennio non ci fu proprio partita.
«Alle Pleiadi organizzavano anche l’atp Senior Tour, mi ricordo di aver visto giocare Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Peter Mcnamara, il grande Rod Laver». Tutto il meglio del tennis in un circolo di provincia. Altri tempi. «Uno dei ricordi più belli che ho di quel periodo straordinario sono le feste di fine anno. Noi non le festeggiavamo. Quando sono arrivato a Torino ho scoperto le luci, gli addobbi, mi sembrava di stare in un film americano. Grazie al tennis ho scoperto il Natale».
(quarta e ultima puntata, fine)
Il
Ivan Ljubicic in azione sulla terra rossa del Roland Garros. Il tennista croato nel 1993 si era «rifugiato» nel Torinese (foto sotto, è il primo da destra in piedi) dove incontrò Piatti
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● L’8 gennaio Giorgia Mecca ha raccontato la nascita del primo circolo, era il 1880 ed Ernesto Cigala al Caffe Florio di via Po diede il via all’epopea del tennis torinese, che sarebbe andato alla conquista di spazi al parco Valentino
● Il 10 gennaio Sergio Motta ha raccontato il 1961, quando per il Centenario dell’unità d’italia si giocò in città il torneo degli Internazionali. Vinse Pietrangeli, battendo il numero 1, Rod Laver, tra gli applausi
● Ieri la terza puntata, l’accelerazione degli Anni Settanta con l’impegno delle aziende e dei cral: il tennis è di tutti, anche nelle strade
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