Baffi, gatti neri e toupet alle origini del mito
Il torneo dei Maestri in 51 anni ha regalato spettacolo e superstizione, da Smith a Medvedev
Stan Smith è stato Adamo, in pedalini e fascetta tergisudore: il primo uomo a conquistare le Atp Finals. Si giocava a Tokyo nella palestra che aveva ospitato la ginnastica ai Giochi ‘64, si chiamava Masters Grand Prix, correva l’anno 1970. Da allora, cambiando nome e indirizzo, il Master ha girato per continenti (tutti tranne l’africa) e città, scegliendo i suoi maestri con cura certosina (pochissimi intrusi nell’albo d’oro del torneo): da Ilie Nastase, che buttava in campo i gatti neri per destabilizzare gli avversari superstiziosi, a Bjorn Borg che non sorrideva mai, da John Mcenroe che odiava il Master tranne quando si disputava a casa sua (Madison Square Garden, New York) a Boris Becker e Pete Sampras dominatori delle edizioni tedesche (Francoforte e Hannover), da Roger Federer sei volte re alla cinquina di Novak Djokovic, fino alla frammentazione finale. È dal 2017, in piena era londinese, che il torneo non ha un padrone (Dimitrov, Zverev, Tsitsipas, Medvedev), come se nell’epoca dei Big Three (Federer, Djokovic, Nadal) l’ultimo evento della stagione si ribellasse alle gerarchie, regalandosi un guizzo finale.
Il Master che il 14 novembre sbarcherà a Torino, ribattezzato da cinque anni Atp Finals, si porta dietro in valigia i baffi di Smith («Per premio ricevetti una bottiglia di Pepsi, che sponsorizzava il torneo, e 15 mila dollari, cifra ragguardevole per quei tempi»), l’iconico campo blu senza corridoi delle edizioni senza doppio, le
On line
Tutte le notizie, i video e gli aggiornamenti sul sito internet del Corriere sfide tra Mcenroe e Lendl, il toupet di Agassi, l’idiosincrasia di Nadal, mai vincitore. La girandola di città, 16 in quattro continenti (Torino è la 17esima) sparpagliate lungo 51 anni di storia, ha contribuito al fascino di un torneo globetrotter ed esclusivo, riservato ai top-8 della classifica, che non ha mai voluto sanare il
vulnus con cui è nato: nello sport dell’eliminazione diretta, il Master consente l’incoronazione di un tennista che abbia perso un match nel girone. Eresia. Torino addolcirà la pillola, eventualmente, con la dolcezza di un bunet.
Eccezione Dal 2017 il torneo non ha un padrone: Federer, Djokovic e Nadal sempre beffati