«Rischiano di sparire. Anche per via dei collezionisti»
«Con la Soprintendenza è in cantiere un progetto per salvaguardare le orme. Per studiarle, abbiamo tolto l’erba e la terra che le ricoprivano, ma così è aumentato il rischio che spariscano». È un difficile equilibrio, in bilico tra curiosità e tutela, quello raccontato da Massimo Delfino, coordinatore della ricerca e professore del dipartimento di Scienze della Terra di Unito.
Cosa rischiamo?
«Entro pochi anni, le tracce potrebbero essere distrutte dal crioclastismo».
Cioè?
«L’acqua penetra nelle fessure delle rocce, ghiaccia e le spacca».
Si potrebbero portare via?
«È impensabile farlo con una sega circolare e un elicottero. L’ideale è trovare un modo per conservarle».
Come?
«Sveleremo le orme per un limitato periodo. Per studiarle e documentarle, magari con delle riproduzioni virtuali. Poi le ricopriremo».
La presenza dell’uomo è un possibile rischio?
«L’area è privata, ma è tutelata. E la pendenza, si parla del 70%, evita i problemi dettati dalla pastorizia».
E i (possibili) turisti?
«Con le associazioni del territorio stiamo pensando a un progetto. Per fortuna la Valle Maira è votata a un turismo intelligente, con tanti visitatori tedeschi».
Arriveranno in massa?
«Non è facile raggiungere la zona a 2.200 metri. Con i sindaci stiamo pensando a un centro visite a Marmora o Canosio, i due comuni più vicini».
Ma se scoppiasse la mania?
«I blocchi che si sono staccati li abbiamo già portati via. E alcune rocce sono state coperte proprio per evitare vandalismi e raccolte».
I collezionisti sono in agguato?
«Alcuni sono mossi da una passione vera. Purtroppo il loro desiderio di possesso è una ferita aperta».
Perché?
«Portare via un’orma, rompere il legame con il luogo del ritrovamento, cancella anche delle informazioni importanti. Per esempio? Le distanze tra le tracce».
Non avete scoperto un dinosauro, giusto?
«Un antenato, un cugino che proviene da un tempo più profondo. Abitava l’altopiano quando questo si trovava più o meno all’equatore».
Una scoperta inattesa?
«Sì, perché si pensava che in quel periodo non ci fossero degli organismi viventi. E, invece, potremmo trovare le tracce di un interno ecosistema, dove viveva questo lucertolone di quattro metri».