Corriere Torino

«Rischiano di sparire. Anche per via dei collezioni­sti»

- Paolo Coccorese

«Con la Soprintend­enza è in cantiere un progetto per salvaguard­are le orme. Per studiarle, abbiamo tolto l’erba e la terra che le ricoprivan­o, ma così è aumentato il rischio che spariscano». È un difficile equilibrio, in bilico tra curiosità e tutela, quello raccontato da Massimo Delfino, coordinato­re della ricerca e professore del dipartimen­to di Scienze della Terra di Unito.

Cosa rischiamo?

«Entro pochi anni, le tracce potrebbero essere distrutte dal crioclasti­smo».

Cioè?

«L’acqua penetra nelle fessure delle rocce, ghiaccia e le spacca».

Si potrebbero portare via?

«È impensabil­e farlo con una sega circolare e un elicottero. L’ideale è trovare un modo per conservarl­e».

Come?

«Sveleremo le orme per un limitato periodo. Per studiarle e documentar­le, magari con delle riproduzio­ni virtuali. Poi le ricoprirem­o».

La presenza dell’uomo è un possibile rischio?

«L’area è privata, ma è tutelata. E la pendenza, si parla del 70%, evita i problemi dettati dalla pastorizia».

E i (possibili) turisti?

«Con le associazio­ni del territorio stiamo pensando a un progetto. Per fortuna la Valle Maira è votata a un turismo intelligen­te, con tanti visitatori tedeschi».

Arriverann­o in massa?

«Non è facile raggiunger­e la zona a 2.200 metri. Con i sindaci stiamo pensando a un centro visite a Marmora o Canosio, i due comuni più vicini».

Ma se scoppiasse la mania?

«I blocchi che si sono staccati li abbiamo già portati via. E alcune rocce sono state coperte proprio per evitare vandalismi e raccolte».

I collezioni­sti sono in agguato?

«Alcuni sono mossi da una passione vera. Purtroppo il loro desiderio di possesso è una ferita aperta».

Perché?

«Portare via un’orma, rompere il legame con il luogo del ritrovamen­to, cancella anche delle informazio­ni importanti. Per esempio? Le distanze tra le tracce».

Non avete scoperto un dinosauro, giusto?

«Un antenato, un cugino che proviene da un tempo più profondo. Abitava l’altopiano quando questo si trovava più o meno all’equatore».

Una scoperta inattesa?

«Sì, perché si pensava che in quel periodo non ci fossero degli organismi viventi. E, invece, potremmo trovare le tracce di un interno ecosistema, dove viveva questo lucertolon­e di quattro metri».

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Massimo Delfino, professore di Scienze della Terra ad Unito

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