Appendino: «Senza processi mi sarei ricandidata»
La moglie dell’imam arrestato: «Mio marito non può aver detto certe cose»
«Mio marito non può aver detto quelle cose, sono tutte falsità». Di fronte al cancello della sua villetta alle porte di Lessolo la moglie italiana di Bouchta El Allam non sembra avere dubbi, anche se le nuove accuse nei confronti di suo marito, arrestato 6 anni fa nell’ambito di un’operazione antidroga, sono pesanti. El Allam si sarebbe infatti reso responsabile di istigazione a delinquere.
La sindaca Chiara Appendino ribadisce il suo «no» a un secondo mandato. E così il M5S naviga in acque difficili senza un nome e senza una vera guida. Era settembre del 2020 quando la prima cittadina si autosospendeva in seguito alla condanna nel processo Ream. Da quel giorno, però, non si è mai davvero messa da parte anzi ha partecipato attivamente al tentativo di trasformazione del Movimento. Ieri ad Agorà ha ribadito: «Proprio per via anche delle questioni giudiziarie ho scelto e detto mesi fa di non ricandidarmi». Se non ci fossero state le vicende processuali, quindi, «penso che avrei scelto di continuare il percorso, mi sembra comunque giusto che dopo 5 anni si porti avanti il proprio programma».
Come raccontato martedì in questo giornale, davanti alla sede dell’aci in via Giolitti 15 verrà costruita una cancellata per tenere fuori la movida da piazzale Valdo Fusi. L’hanno richiesta i residenti che pagano, oltre alla realizzazione, 41.500 euro di oneri. È stata approvata dal Consiglio Comunale, non senza perplessità.
Alzare muri, chiudere giardini e spazi pubblici è una tendenza diffusa in tante città al mondo, che arriva ora a Torino. Denota l’esasperazione degli abitanti: privatizzare lo spazio pubblico sembra essere l’ultima soluzione possibile. Nel caso specifico, limita solo in parte il problema poiché la zona rimarrà frequentatissima. Di giorno il piazzale – progetto contestato nei primi anni 2000, altra storia interessante da raccontare – è utilizzato dagli utenti del parcheggio, dei locali, giovani skaters, bambini che giocano. Di notte, sempre più con il ritorno della vita postpandemia, si trasforma in un assembramento alcolico, rumoroso, escludente per altre persone, che lascia dietro di sé bottiglie, bicchieri, vomito e piscio. Non c’entra essere bacchettoni: le urla e la sporcizia non piacciono a nessuno.
La vita notturna si sta polarizzando. Molti quartieri sono iper tranquilli di notte, al limite della desolazione: è difficile trovare un locale aperto per isolati. Centro e dintorni sono diventati luoghi in cui si riversa chi cerca intrattenimento serale e il «popolo della notte»: Vanchiglia, piazza Vittorio, San Salvario, Borgo Rossini, Quadrilatero.
Nulla in contrario al divertimento. Una grande città che non vive la notte è spenta. Ma come ha raccontato Giancarlo Cara, lo storico organizzatore delle notti dei Murazzi degli anni ’80 e ’90, il divertimento non è solo consumo di alcol e altro, ma anche un’attività creativa e culturale. I Murazzi sono stati, oltre agli eccessi, anche luogo di musica dal vivo delle band più innovative di quegli anni. Raramente oggi la movida commerciale ha queste caratteristiche.
Si potrebbe immaginare una vita notturna più distribuita in città, aiutando la rigenerazione di altre aree. In fascia preserale potrebbe esserci una presenza mista di famiglie, giovani e anziani, come succede d’estate in alcune piazze. Ma molti luoghi adatti sono in gran parte spariti. A parte le Case di quartiere e pochi spazi ibridi recenti, sono chiusi molti centri sociali, bocciofile, persino i cocomerai. Bisogna ripensare luoghi attraenti per i giovani, dotati di un progetto culturale e aggregativo, capire come consentire a chi vuol fare baldoria di non ledere il «diritto alla città» di tutti.