Il «Leone Verde», la casa editrice per golosi
Erbaluce e Fontina per valorizzare il territorio
Sapete fare un purè di rape? La lepre in civet? Il vero cous cous di pesce alla siciliana? Vi piace la letteratura? Ecco un consiglio per scoprire qualche nuovo piatto e provare a cimentarsi nella sua preparazione: fate una passeggiata nel centro storico di Torino, fino al civico 30 di via Santa Chiara, a due passi dalla bellissima Consolata; lì troverete Il Leone Verde.
Cos’è? Una casa editrice indipendente nata nel 1997 per raccontare maternità e prima infanzia, saggi sul metodo Montessori, temi spirituali e filosofici. E, di particolare interesse per chi scrive, pubblicare libri di cucina e letteratura, molti dei quali raccolti nella collana «leggere è un gusto, percorsi gastronomici tra cucina, letteratura, arte, musica e storia». Qualche esempio? La luna, il cibo e i falò; Pippi Calzelunghe piccola grande cuoca; I segreti della tavola di Montalbano; o Bar Hemingway, citazioni e proverbi a media e alta gradazione alcolica.
Da mesi mi proponevo di bussare alla porta di questa bottega e dedicare il tempo necessario a saperne di più su questa raccolta che ha l’ambizione di coniugare cultura e buona tavola. Che bello. Un paio di settimane fa, perciò, entro in libreria e scelgo qualcuno di questi titoli, riproponendomi di leggerne almeno un paio sotto l’ombrellone. Il primo in realtà lo sfoglio a Torino, all’ombra di un secolare ippocastano ai giardini Reali, dove mi sento sempre più ispirata e ricettiva del solito. Il testo è a firma del piemontese Giovanni Casalegno, insegnante di lettere e autore di pagine dedicate al grande Cesare Pavese e al suo amore per il Piemonte. Un viaggio nel mondo contadino e le sue tradizioni culinarie, perché «non c’è niente di più bello di una vigna ben zappata, ben legata, con le foglie giuste e quell’odore della terra cotta dal sole d’agosto — da «La Luna e i Falò» — una vigna ben lavorata è come un bel fisico sano, un corpo che vive, che ha il suo respiro e il suo sudore».
Finito di leggere il primo volume acquistato, mi butto sulla veneziana laureata in storia contemporanea, Elisabetta Tiveron, che firma il libro dedicato alla piccola svedese dai capelli rossi, in chiave food. Una scusa per scoprire la cucina tradizionale nordica, fatta di piatti robusti, rustici e, secondo Tiveron, «assolutamente da provare». Come Nasselsoppa, la minestra di ortiche e uova, o la zuppa di frutta realizzata usando frutti di bosco, amido, zucchero (semolato e vanigliato) e un limone. Nei racconti di Pippi Calzelunghe «il cibo è una presenza costante al punto da sembrare una vera ossessione — si legge tra le pagine di questo testo — e la cucina, intesa come luogo fisico in cui si prepara da mangiare,
Tra le pagine
Le collane di volumi hanno l’ambizione di coniugare cultura e buona tavola
è il posto dove Pippi passa gran parte della giornata».
La casa editrice torinese ha appena pubblicato una nuova edizione del libro forse più richiesto dell’intera collana: le ricette che Andrea Camilleri ha usato per raccontare il suo commissario Montalbano. Uno scritto firmato da Stefania Campo che vive tra Milano e Ragusa, dove promuove itinerari enogastronomici e culturali ispirati a letteratura e cinema. La sua penna si ferma in particolare sulle tante trattorie scelte dallo scrittore e drammaturgo originario di Porto Empedocle. Come l’osteria La Cacciatora, a Joppolo Giancaxio, in provincia di Agrigento. «Gli servì un gran piatto di maccheroni con una salsetta chiamata “foco vivo” (sale, olio d’oliva, aglio, peperoncino rosso secco in quantità), sul quale il commissario fu obbligato a scolarsi mezza bottiglia di vino».
Che bella l’estate: da leggere e gustare sotto l’ombrellone.