La Torre del Pingone, l’ultimo baluardo
Unica testimonianza in città del Medioevo: è mimetizzata tra i tetti del centro
ATorino esiste ancora una torre medievale, una sola, l’unica torre civile giunta fino a noi fra quelle che probabilmente un tempo costellavano la città. Non la si nota facilmente: è mimetizzata fra i tetti a due passi dalla Porta Palatina. Per poterla vedere bene bisogna portarsi in un punto di vista elevato, noi ne suggeriamo 3: il campanile del Duomo (aperto alle visite nel percorso del Museo Diocesano), l’ultimo piano del palazzo dei lavori pubblici di fronte al Duomo oppure, se siete ospiti, la terrazza panoramica dell’hotel «NH Santo Stefano».
Della torre medievale — nota come Torre del Pingone — possiamo vedere solo la punta superiore. Si trova sul tetto dell’edificio che l’ha inglobata, anch’esso piuttosto celebre, perché è uno dei pochi edifici torinesi risalenti al periodo medievale, la «Casa del Pingone», addirittura costruita in parte con mattoni di fabbricazione romana.
ATorino esiste ancora una torre medievale, una sola, l’unica torre civile giunta fino a noi fra quelle che probabilmente un tempo costellavano la città. Non la si nota facilmente: è mimetizzata fra i tetti a due passi dalla Porta Palatina. Per poterla vedere bene bisogna portarsi in un punto di vista elevato, noi ne suggeriamo 3: il campanile del Duomo, l’ultimo piano del palazzo dei lavori pubblici lì di fronte oppure, se siete ospiti, la terrazza panoramica dell’hotel «NH Santo Stefano».
Della torre medievale — nota come Torre del Pingone — possiamo vedere solo la punta superiore. Si trova sul tetto dell’edificio che l’ha inglobata, anch’esso piuttosto celebre, perché è uno dei pochi edifici torinesi risalenti al periodo medievale, la Casa del Pingone, addirittura costruita in parte con mattoni di fabbricazione romana. Si erge all’incrocio tra via della Basilica e via Porta Palatina, in posizione dominante su quello che al tempo della città romana era il Cardo Maximus, uno dei due assi viari principali della città.
La Torre è di probabile origine tardomedievale, databile tra il XIV e il XV secolo. In un primo momento doveva presentarsi maggiormente isolata dal corpo di fabbrica della casa, che probabilmente era molto più basso dell’attuale. Nulla, però, si sa sulle sue antiche funzioni, ma è plausibile che avesse uno scopo di sorveglianza, dato che si trovava molto vicina a uno degli accessi principali della città. D’altra parte, il velo di mistero che ricopre le origini della torre è lo stesso gettato sulla Casa del Pingone, a partire dal nome con il quale è conosciuta. L’edificio è tradizionalmente associato alla figura di Emanuele Filiberto Pingone, storico e umanista, studioso di genealogia, nato a Chambèry nel 1525, personaggio influentissimo nella Torino sabauda al tempo del duca Emanuele Filiberto, di cui fu consigliere di stato, referendario, vice-gran cancelliere, riformatore dell’università, ambasciatore a Nizza, infine eretto a barone di Cusy.
La tradizione vuole che Pingone abbia vissuto proprio nella casa sovrastata dalla torre, situata nel luogo anticamente noto come «incrocio delle quattro pietre» per via dei massi che permettevano di attraversare la «dojra», cioè il canale di scolo che scorreva al centro della strada. Ma l’unica fonte documentaria che permette di identificare quella casa come la residenza dell’umanista è il romanzo storico «Monssù Pingon», scritto da Luigi Gramegna e pubblicato da Lattes nel 1906. Qui Gramegna, parlando dei figli del defunto Pingone, scrive che essi «non dubitarono di abbattere la casa di via Palatina e la Torre Tarquinia, destinandone i materiali ad innalzare una casa nuova sul medesimo sito, al Largo delle Quattro Pietre».
Una perla rivelata dall’ultimo restauro è il salone del primo piano. Qui la rimozione delle sovrastrutture ha messo in vista un soffitto ligneo a cassettoni decorato con motivi vegetali, di epoca cinquecentesca. Nella stessa sala sono emersi frammenti di affreschi risalenti al periodo compreso tra il XVI e il XVIII secolo. La fascia superiore a grottesche è la meglio conservata e presenta decorazioni con una ridondanza di «nodi Savoia», alcuni dei quali sormontati da una corona marchesale. Quest’ultimo particolare ha fatto supporre, pur senza altre prove certe, un legame con il marchese Filippo I d’este che, dopo aver sposato nel 1570 Maria di Savoia, figlia legittimata del Duca Emanuele Filiberto, aveva da lei ricevuto in eredità, dopo la sua morte avvenuta nel 1580, una casa a Torino. Che la casa turrita di via della Basilica abbia ospitato Emanuele Pingone o addirittura Filippo I d’este non possiamo dirlo con certezza, ma certamente è uno scrigno che racchiude al suo interno preziose testimonianze dei secoli che hanno visto cambiare Torino.