«Fate vacanze in Italia, con le nuove varianti all’estero si rischia»
Nonostante il green pass e il ritmo serrato di vaccinazioni, la variante Delta continua la sua galoppata in Europa: risalgono i contagi e alcuni Paesi ripristinano il coprifuoco per evitare nuove ondate. Il rischio tuttavia è che migliaia di piemontesi in procinto di imbarcarsi verso le gettonatissime Spagna, Grecia e Malta importino la variante nei confini nazionali. Anche se l’ultimo caso registrato ieri è tutto «made in Italy». Una quindicina di ragazzi della provincia di Alessandria infatti sono risultati positivi al tampone dopo la vacanza a Riccione. Un piccolo focolaio che sta costringendo le Asl ad un super lavoro di tracciamento. E se i ricoveri in Piemonte restano bassi, occorre comunque non abbassare la guardia. È questo l’avvertimento dell’infettivologo Giovanni Di Perri, primario dell’amedeo di Savoia.
Professore, cosa consiglia ai torinesi che sono in partenza per le ferie?
«Di restare in Italia e disdire le ferie all’estero. Si è già visto cosa può accadere. Circa 300 studenti sono rimasti bloccati a Dubai, altri nell’isola greca di Ios. L’organizzazione tra i vari Paesi è ancora deficitaria. C’è il rischio di non essere seguiti a dovere, o di ritrovarsi in una situazione economicamente critica a causa del rinvio del ritorno. E poi scegliendo una meta tricolore si partecipa al rilancio dell’economia turistica».
L’anno scorso il virus tornò a correre il 10 agosto, proprio a causa dei rientri dalle vacanze. Oggi accade lo stesso a metà luglio. C’è da preoccuparsi?
«Rispetto al 2020 abbiamo i vaccini, per cui i giovani che si infettano non dovrebbero contagiare gli anziani. E ogni giorno la quota dei “protetti” aumenta. Inoltre sono pochissimi i pazienti ospedalizzati, il dato più importante, al di là dei contagi».
Gli allentamenti di quest’estate non riporteranno il Piemonte in una situazione critica a settembre?
«Più passa il tempo e più la situazione migliorerà, sempre grazie ai vaccini. Non stiamo ripetendo gli errori del passato, le valutazioni sono state più oculate. Dobbiamo sviluppare un’immunità concomitante, imparare a convivere con questo virus fino a quando non diventerà una semplice influenza».
Cosa ci sfugge ancora del Covid?
«Solo un aspetto può preoccuparci: la comparsa di nuove varianti più aggressive. Ma il virus ha un repertorio finito di varianti generabili. E poi dipende da quanto è diffuso. Se tutti ci vacciniamo avrà minori chance di sopravvivere e mutare».
Secondo lei è giusto garantire il green pass solo alla seconda dose?
«Si tratta di scegliere qual è il livello di rischio che si vuole
accettare. Partire con una sola dose non è una follia, ma sarebbe meglio aver concluso l’intero ciclo vaccinale».
Oltre ai «no vax» oggi ci sono migliaia di «ni vax». Persone di una certa cultura che scelgono comunque di non vaccinarsi. Come si può intervenire?
«Purtroppo si è verificata una certa confusione con i vaccini. Questo ha creato degli imbarazzi e fornito loro alcune giustificazioni. Il caso Astrazeneca è emblematico. All’inizio doveva essere usato solo per le donne giovani, poi si è detto l’opposto. Ma non esiste un’opzione b. Si metta da parte l’egoismo per il bene della collettività».
È corretto rendere il green pass obbligatorio per bus e pubblici esercizi?
«Assolutamente sì. Si darebbe una spinta in più a vaccinarsi e si creerebbe un nuovo clima di fiducia tra titolari e clienti. Mi sentirei più sicuro ad andare a mangiare fuori sapendo che tutti sono vaccinati. Soprattutto quando tornerà la stagione invernale. Meglio inserire questa clausola oggi che chiudere tutto domani».