Corriere Torino

«Fate vacanze in Italia, con le nuove varianti all’estero si rischia»

- Nicolò Fagone La Zita

Nonostante il green pass e il ritmo serrato di vaccinazio­ni, la variante Delta continua la sua galoppata in Europa: risalgono i contagi e alcuni Paesi ripristina­no il coprifuoco per evitare nuove ondate. Il rischio tuttavia è che migliaia di piemontesi in procinto di imbarcarsi verso le gettonatis­sime Spagna, Grecia e Malta importino la variante nei confini nazionali. Anche se l’ultimo caso registrato ieri è tutto «made in Italy». Una quindicina di ragazzi della provincia di Alessandri­a infatti sono risultati positivi al tampone dopo la vacanza a Riccione. Un piccolo focolaio che sta costringen­do le Asl ad un super lavoro di tracciamen­to. E se i ricoveri in Piemonte restano bassi, occorre comunque non abbassare la guardia. È questo l’avvertimen­to dell’infettivol­ogo Giovanni Di Perri, primario dell’amedeo di Savoia.

Professore, cosa consiglia ai torinesi che sono in partenza per le ferie?

«Di restare in Italia e disdire le ferie all’estero. Si è già visto cosa può accadere. Circa 300 studenti sono rimasti bloccati a Dubai, altri nell’isola greca di Ios. L’organizzaz­ione tra i vari Paesi è ancora deficitari­a. C’è il rischio di non essere seguiti a dovere, o di ritrovarsi in una situazione economicam­ente critica a causa del rinvio del ritorno. E poi scegliendo una meta tricolore si partecipa al rilancio dell’economia turistica».

L’anno scorso il virus tornò a correre il 10 agosto, proprio a causa dei rientri dalle vacanze. Oggi accade lo stesso a metà luglio. C’è da preoccupar­si?

«Rispetto al 2020 abbiamo i vaccini, per cui i giovani che si infettano non dovrebbero contagiare gli anziani. E ogni giorno la quota dei “protetti” aumenta. Inoltre sono pochissimi i pazienti ospedalizz­ati, il dato più importante, al di là dei contagi».

Gli allentamen­ti di quest’estate non riporteran­no il Piemonte in una situazione critica a settembre?

«Più passa il tempo e più la situazione migliorerà, sempre grazie ai vaccini. Non stiamo ripetendo gli errori del passato, le valutazion­i sono state più oculate. Dobbiamo sviluppare un’immunità concomitan­te, imparare a convivere con questo virus fino a quando non diventerà una semplice influenza».

Cosa ci sfugge ancora del Covid?

«Solo un aspetto può preoccupar­ci: la comparsa di nuove varianti più aggressive. Ma il virus ha un repertorio finito di varianti generabili. E poi dipende da quanto è diffuso. Se tutti ci vacciniamo avrà minori chance di sopravvive­re e mutare».

Secondo lei è giusto garantire il green pass solo alla seconda dose?

«Si tratta di scegliere qual è il livello di rischio che si vuole

accettare. Partire con una sola dose non è una follia, ma sarebbe meglio aver concluso l’intero ciclo vaccinale».

Oltre ai «no vax» oggi ci sono migliaia di «ni vax». Persone di una certa cultura che scelgono comunque di non vaccinarsi. Come si può intervenir­e?

«Purtroppo si è verificata una certa confusione con i vaccini. Questo ha creato degli imbarazzi e fornito loro alcune giustifica­zioni. Il caso Astrazenec­a è emblematic­o. All’inizio doveva essere usato solo per le donne giovani, poi si è detto l’opposto. Ma non esiste un’opzione b. Si metta da parte l’egoismo per il bene della collettivi­tà».

È corretto rendere il green pass obbligator­io per bus e pubblici esercizi?

«Assolutame­nte sì. Si darebbe una spinta in più a vaccinarsi e si creerebbe un nuovo clima di fiducia tra titolari e clienti. Mi sentirei più sicuro ad andare a mangiare fuori sapendo che tutti sono vaccinati. Soprattutt­o quando tornerà la stagione invernale. Meglio inserire questa clausola oggi che chiudere tutto domani».

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